Mentre il ministro dell’Economia continua a ripetere che non verrà sfasciato (ulteriormente) il bilancio dello Stato, gli esponenti politici del governo sostengono, un giorno sì e l’altro pure, che tutte le promesse contenute nel contratto di governo saranno mantenute e già a partire dal 2018.
Per esempio, il sottosegretario alle Infrastrutture, Armando Siri, colui che ha pensato alla flat tax in versione leghista, in una recente intervista al Corriere della Sera ipotizza una manovra di bilancio di 70 miliardi (mica briciole!): “Faremo tutto: flat tax, pensioni, reddito di cittadinanza. Servono 70 miliardi”. Visto che le coperture sono o pura fantasia oppure, nella migliore delle ipotesi, delle una tantum che, però, dovrebbero finanziare riduzioni di tasse e aumenti di spesa strutturali, ecco cosa dice Siri, in merito ai probabili aumenti dello spread.
“Allora diciamo che bisogna far in modo che, per quanto riguarda il debito pubblico, le famiglie italiane, che hanno 5mila miliardi di liquidità, tornino a riprendersi quella parte del debito, pari a 780 miliardi, collocata presso investitori stranieri, che sono quelli che fanno girare la giostra dello spread”. “Come si fa, offrendo rendimenti maggiori?”, chiede (suppongo con tono esterrefatto) Enrico Marro del Corriere. “Sì, ed emettendo titoli riservati a famiglie italiane”.
Attenzione: ammesso anche che fosse possibile una emissione del genere, se si offrissero rendimenti maggiori a quelli di mercato, non avrebbe senso per chi emette i titoli. A meno che non si abbia già in mente, successivamente, di tosare i possessori (ossia le famiglie italiane in questione) con una ristrutturazione o una imposta patrimoniale. Di fatto si tratterebbe di un provvedimento degno del peggior Maduro, altro che calo delle tasse.
Ma non è tutto. Secondo Siri “L’Europa non dovrà più calcolare nel deficit gli investimenti in infrastrutture”. Questo è il desiderio espresso da tutti coloro che hanno governato l’Italia negli ultimi decenni. Posto che il deficit reale resta tale anche se contabilmente ci si mette d’accordo che non lo sia, non si vede per quale motivo a questo governo dovrebbe essere accordato quello che non è stato accordato ai governi precedenti.
Non può mancare, poi, un accenno complottista: “Curioso che, cambiato il governo, improvvisamente le stime sul Pil scendano”. Probabilmente Siri non se ne è accorto, ma le stime sul Pil sono state riviste al ribasso in tutta Europa.
Quanto alla riforma fiscale, nessun rinvio: “Questo è il governo del coraggio. Sappiamo che dobbiamo ridurre gli sprechi, ma all’Europa diciamo che l’Italia ha bisogno di temporanea flessibilità sul deficit. A chi si scandalizza dico che la Francia è stata 6 anni in procedura di infrazione e la Germania da 10 anni ha un eccessi di surplus commerciale”. Veramente lo stesso coraggio, nel chiedere flessibilità, ossia di poter fare più deficit, lo hanno avuto tutti i governi della scorsa legislatura, tanto per non andare troppo indietro nel tempo.
Con quale motivazione deve poter crescere il deficit? “Deve poter crescere di quello che serve per fare la flat tax, che non può essere fatta a pezzettini. La dobbiamo fare tutta e subito affinché abbia effetto. Bruxelles deve consentirci di utilizzare le entrate straordinarie, come quelle che verranno dalla pace fiscale, sapendo che dal terzo anno la flat tax si finanzia da sola”.
Se non si taglia la spesa (e in realtà i proclami governativi lasciano supporre un aumento della stessa), la flat tax, per quanto auspicabile sia una riduzione delle tasse, non si finanzia da sola. Non si creda di poter fare gli incantatori di serpenti. In soldoni, quanto deficit bisognerebbe fare finanziare i famosi 70 miliardi complessivi?
Per Siri “si tratta di quasi 4 punti di Pil. Li copriamo, per circa un punto e mezzo con la pace fiscale e col taglio degli sprechi della spesa. Il resto in deficit. L’importante è che l’Europa ci autorizzi ad arrivare anche al 2,6-2,7% di deficit, tanto poi ne facciamo meno, man mano che arriveranno i risultati della flat tax.”
Qualcuno potrebbe chiamarlo il libro dei sogni. Per me è meglio parlare di libro degli incubi, quanto meno per i pagatori di tasse, che continueranno a pagare un conto salato nonostante i (piuttosto cialtroneschi) proclami di questi signori.