Come ho già avuto modo di osservare in altre occasioni, su MF/Milano Finanza trovano ospitalità gli articoli di alcuni autori che potrebbero costituire la brigata Savona. Come era logico attendersi, i commenti al documento (da me criticato il giorno dopo la sua pubblicazione) scritto da Paolo Savona, che vorrebbe ridare slancio alla politica fiscale ponendo di fatto politica monetaria al suo servizio, oltre a smaltire l’eccesso di debito mediante denaro fornito dalla BCE a lunghissimo termine e a tassi non di mercato, sono stati entusiasti.
Mentre Savona, pur non scrivendolo, lasciava intendere che aveva nostalgia del periodo precedente il divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia avvenuto nel 1981, Guido Salerno Aletta non usa mezzi termini: “C’è poco da fare: il problema non sono tanto i vincoli parametrici al deficit ed al debito pubblico, quanto l’impotenza degli Stati rispetto al mercato. Per rimediare, bisognerebbe tornare indietro, al regime che vigeva prima del divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia, quando i tassi di interesse sui titoli erano fissati dal primo e la seconda procedeva immediatamente all’assorbimento dell’inoptato dal mercato”.
Questi signori, afflitti da quella che si potrebbe definire sindrome di Calimero, continuano a ripetere che qualcuno congiura contro l’Italia, senza rendersi conto che ci sono altri 18 Paesi che adottano l’euro, e generalmente tanto più hanno il bilancio scassato, quanto più pagano di interessi per indebitarsi.
Per di più, i nostalgici dell’epoca pre-divorzio non completano mai il quadro. Ovviamente, essendo alquanto irrealistico giungere a un assetto del genere a livello di area euro, il primo passaggio dovrebbe consistere nell’uscita dell’Italia dalla moneta unica e dalla Ue. Passaggio dalle conseguenze imprevedibili, ma che renderebbe necessaria l’imposizione di rigidi vincoli all’uscita di capitali dall’Italia (ovviamente quelli dei pagatori di tasse italiani), oltre all’obbligo per banche e investitori istituzionali italiani di assorbire una quota di emissioni di titoli di Stato, altrimenti l’inoptato rischierebbe di corrispondere all’intero importo di volta in volta messo in collocamento.
Se poi ci fossero scenari turchi, pazienza. La (ri)conquista della sovranità non è un pranzo di gala, parafrasando uno che voleva fare grande il suo Paese e che di grande fece solo morti e miseria.