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Verso il burrone… ecco gli alchimisti monetari

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di MATTEO CORSINI

Da anni si parla in Italia di moneta fiscale, con progetti che sono gli uni le varianti degli altri, ma tutti quanti accomunati dalla illusione di poter trasformare le pietre in pane per mezzo dell’alchimia monetaria. Li si chiami minibot, certificati di credito fiscale o come diavolo si voglia, si tratta sempre di illusionismo, neppure tanto sofisticato.

Da ultimo è stato il Sole 24 Ore a ospitare un articolo di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi, che esordiscono con un richiamo a un convegno tenutosi in Germania, forse per dare l’impressione che si tratti di roba seria e non da stregoni da Paesi iperindebitati.

  • “In Germania, a Düsseldorf il 23 novembre scorso, alcuni economisti tedeschi – tra cui l’ex chief economist di Deutsche Bank, Thomas Mayer – hanno discusso di una Parallelwährung für Italien, una moneta parallela per l’Italia, per evitare che il Paese affondi il sistema dell’euro”.

Per lo meno hanno avuto il buon gusto di ricordare che fuori dall’Italia chi discute di queste cose lo fa a scopo difensivo e non per aggirare i vincoli di finanza pubblica imposti non tanto dalla Commissione europea, quanto dalla realtà. Becchi e Zibordi ricordano che:

  • “Gli economisti riuniti a Düsseldorf hanno notato innanzitutto come lo Stato italiano, da 25 anni, spende meno di quello che incassa, non si indebita per pagare pensioni o stipendi, ma per pagare interessi su interessi, è costantemente in “avanzo primario”, cioè tassa più di quanto spenda. Oltre a essere l’unico Paese al mondo ad aver perso il 20% di produzione negli ultimi venti anni è anche l’unico a essere in austerità da 25 anni”.

Arrivando poi al punto:

  • “Anche gli economisti tedeschi discutono di quella che chiamiamo “moneta fiscale”, cioè una moneta a fianco dell’euro, che non lo sostituisce e che lo Stato emette e poi accetta per pagare le tasse. Nel “contratto” di governo di Lega e M5S c’è una proposta che va in questo senso per l’emissione di circa 60 miliardi di “minibot” con cui saldare i debiti arretrati dello Stato verso le imprese”.

Posto che i debiti arretrati dello Stato nei confronti delle imprese dovrebbero essere saldati a prescindere e in euro, senza ricorrere a giochetti monetari, Becchi e Zibordi vorrebbero che la moneta fiscale fosse distribuita “gratuitamente” a tutti quanti. I due sostengono, però, che non sarebbe una forma surrettizia per fare altro debito pubblico.

  • “La prima obiezione rivolta alla “moneta fiscale” è che sarebbe nuovo debito. Ma un credito fiscale, come quello delle ristrutturazioni edilizie, non obbliga lo Stato a sborsare euro per cui non è classificabile contabilmente come un debito”.

Se si vuole restare ancorati alla realtà, ogni riduzione del gettito fiscale a parità di spesa genera un aumento del deficit, che è finanziato generalmente emettendo titoli di Stato, i quali incrementano il debito pubblico. Però Becchi e Zibordi insistono.

  • “La seconda obiezione è che, anche se non è nella forma, diventerà comunque nuovo debito per lo Stato, quando i beneficiari, invece di versare euro all’Agenzia delle Entrate, verseranno questi buoni o sconti che lo Stato ha emesso. Per evitare un deficit una soluzione che è stata studiata è di far incassare questi sconti presso l’Agenzia delle Entrate non subito, ma con due anni di ritardo. In questo modo chi li riceve ha in mano un titolo che gli dà diritto a un’agevolazione e può rivenderlo e scambiarlo, ma l’impatto per lo Stato è differito”.

Se avete intuito che secondo gli autori nel frattempo si verificherebbe un portentoso incremento del Pil e, di conseguenza, del gettito fiscale, avete fatto centro.

  • “In questo lasso di tempo l’effetto sull’economia fa aumentare il Pil e il gettito fiscale. Il reddito addizionale che questa liquidità produrrà sarà sufficiente a far arrivare un gettito fiscale addizionale in euro che eviti un deficit dopo due anni? Se emetti 40 miliardi di questa liquidità oggi e altri 40 miliardi l’anno, nel 2021, quando si potranno incassare presso il fisco, ci saranno forse 100 miliardi di euro in più di Pil e quindi è possibile che entrino anche 40 miliardi in più di tasse, evitando un deficit addizionale”.

In sostanza, 40 miliardi di moneta fiscale emessa ogni anno dovrebbe generare 100 miliardi di Pil aggiuntivo a partire dal secondo, quindi una quarantina di miliardi di maggior gettito, che miracolosamente consentirebbero il ritorno alo Stato della moneta fiscale lasciando inalterato il deficit. Salvo poi ripetere il miracolo ogni anno. Becchi e Zibordi, pensando di avere smontato anche la seconda obiezione, passano alla terza.

  • “Una terza obiezione è che questo moneta sia una specie di lira mascherata. La differenza rispetto all’euro è chiara (non puoi ritirarne in contanti col bancomat e se vai all’estero non li riconoscono), per cui 1.000 euro di buoni fiscali varranno 950 o 900 euro, ci sarà una “svalutazione” rispetto alla moneta unica. Se la quantità emessa fosse piccola, qualche miliardo, non si discosterebbero molto dall’euro perché, come si è detto, dopo due anni il fisco li accetterebbe alla pari con gli euro e sarebbe stupido dare via per 60 o 70 qualcosa che vale 100. Se il governo per stimolare veramente l’economia ne emettesse invece una quantità maggiore, 40 o 50 miliardi, allora potrebbero deprezzarsi di più per via della domanda e offerta. Va tenuto presente che lo Stato italiano spende 800 miliardi l’anno e ne incassa 760 circa e nei conti correnti ci sono circa 1.400 miliardi, per cui anche 50 miliardi di questi sconti fiscali trasferibili sarebbero una quantità che potrebbe essere assorbita e scambiata senza problemi. Il punto cruciale è che emetterne oggi 40 miliardi farebbe aumentare il Pil nel 2019 e nel 2020 prima che vengano incassati nel 2021”.

A mio parere la maschera non sarebbe neanche di grande qualità. Per lo meno gli autori riconoscono che all’aumentare della quantità emessa aumenterebbe lo sconto di mercato rispetto all’euro. Tuttavia rimangono fiduciosi che il miracolo potrebbe avvenire. Cosa li induca a supporre che nessuno al governo si farebbe prendere la mano, rimane un mistero.

Però si rendono conto che qualcosa potrebbe andare storto, quindi mettono le mani avanti.

  • “Se si volesse evitare del tutto ogni possibile deficit addizionale bisognerebbe che lo Stato, oltre a dare questi sconti fiscali, li usasse anche per pagare una parte delle sue spese e, a quel punto, diventerebbero una seconda moneta a tutti gli effetti. Questo punto però è più delicato perché chi riceve un pagamento oggi in euro non vuole essere obbligato a ricevere qualcosa che vale meno degli euro”.

Evidentemente non ci sono abbastanza patrioti, pronti a sacrificare parte dei propri crediti sull’altare della lotta per liberarsi dalle catene dell’euro. Secondo Becchi e Zibordi:

  • “Quello che è certo è che, con questa liquidità addizionale, l’effetto sul Pil sarebbe positivo e lo Stato incasserebbe quindi anche più tasse, grazie alle transazioni generate da questi miliardi di sconti fiscali che circolano tra il pubblico e le imprese. Può darsi che le entrate fiscali aumentino a sufficienza per coprire i miliardi di sconti fiscali emessi quando scadranno e si potranno utilizzare con il fisco. Questa questione si può dibattere, ma se si creasse comunque un deficit sarà due anni più tardi e intanto l’economia si dovrebbe essere ripresa”.

Beati loro che hanno questa certezza sull’aumento del Pil e sulle potenzialità taumaturgiche dell’emissione, a tutti gli effetti di nuova moneta fiat. Emblematici i passaggi finali:

  • “Dato che c’è un periodo di tempo in cui circolano prima di essere incassati e dato che si vuole darne a tutti gli italiani, si suppone che vengano accettati gradualmente da quasi tutti gli esercizi commerciali come forma di pagamento e diventino quindi una moneta elettronica (tramite una carta di credito fiscale) parallela all’euro. Questo è lo schema della “moneta fiscale”, qualcosa che funziona come la moneta legale, ma non la sostituisce. Una liquidità addizionale che lo Stato emette e si aggiunge alla quantità di moneta legale quando quest’ultima sia insufficiente. L’ideale sarebbe che, se dopo qualche anno il pubblico si dimenticasse, per così dire, che sono sconti fiscali e tutti usassero la carta di credito fiscale per effettuare pagamenti allo stesso modo in cui usano il bancomat e la carta di credito, allora lo Stato potrebbe provare a usare la moneta fiscale anche per pagare una parte delle sue spese. A quel punto il cerchio si chiuderebbe e avremo una seconda moneta elettronica locale in Italia, parallela all’euro che consentirebbe allo Stato di dare una spinta all’economia senza indebitarsi come accade ora. Nella situazione depressa della nostra economia l’unica soluzione pratica è l’emissione di una “moneta fiscale” parallela all’euro da parte dello Stato in modo da aumentare la circolazione di moneta e il potere d’acquisto, ma senza aumentare il debito pubblico”.

Per gradi, l’ideale è che tutti quanti cadessero nell’illusione monetaria, in modo tale da consentire allo Stato di spendere quanto gli pare senza indebitarsi. Trasformando le pietre in pane.

Peccato che, in ultima analisi, nessun incremento di moneta fiat corrisponda a un incremento di ricchezza reale. L’effetto sarebbe per lo più redistributivo nella fase iniziale, e ritengo verosimile supporre che si passerebbe poi a un rapido aumento dello sconto rispetto all’euro, perché per chi governa ci sarebbe sempre la necessità di incrementare l’emissione di moneta fiscale per dare una ulteriore “spinta” all’economia. Verso il burrone…

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