La Commissione europea ha rivisto le proprie stime sulla crescita del Pil italiano nel 2019-2020 e sull’incidenza su quest’ultimo di deficit e debito. Il deficit è previsto quest’anno al 2.5% e nel 2020 al 3.5%, mentre il debito salirebbe al 133.7% nel 2019 e al 135.2% nel 2020.
Al ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sembra che “più che una previsione economica sia una previsione politica”. Posto che, come sempre, ogni previsione derivante da modelli più o meno sofisticati non può essere presa per oro colato, il ministro, pur non essendo sfacciato come i suoi colleghi ai vertici del governo, dovrebbe chiarire in base a cosa stabilisca che quelle del governo sono previsioni economiche e quelle della Commissione sono politiche.
C’è indubbiamente un’assunzione politica nell’escludere dai calcoli i presunti effetti degli aumenti di Iva e accise. In questo caso, però, la Commissione si è limitata a prendere atto del fatto che nessuna clausola di salvaguardia è mai stata attivata, se non in modo parziale. Per di più i due firmatari del “contratto per il governo del cambiamento” ripetono un giorno sì e l’altro pure che non ci sarà nessun aumento di Iva.
Non ha fatto meglio di Tria la vice ministra Laura Castelli (quella che ritiene se stessa esperta) la quale, tra le altre cose, ha dichiarato: “Tra l’altro si parla anche di un deterioramento del mercato del lavoro che nei fatti non c’è. Anche in questo caso non si tiene conto dei risultati positivi che stiamo registrando grazie al Decreto Dignità. Solo pochi giorni fa l’Istat ha certificato che il tasso di disoccupazione a marzo è diminuito al 10,2%, il tasso di occupazione è risalito al 58,9% tornando ai livelli di aprile 2008. Rispetto a febbraio, ci sono 60 mila occupati in più e 114 mila occupati in più rispetto a marzo 2018”.
Vedremo come andranno le cose, ma uno dei capisaldi del “reddito di cittadinanza che si paga da solo”, secondo l’elaborazione del guru economico Pasquale Tridico (voluto da Di Maio a capo dell’INPS), era l’aumento del tasso di partecipazione, quindi inevitabilmente di disoccupazione, a seguito dell’introduzione del reddito di cittadinanza. Così sarebbe aumentato l’output gap e, nelle fantasie pentastellate, il governo avrebbe potuto fare più deficit con il benestare della Commissione europea (era il periodo in cui lo spread se lo mangiavano a colazione).
Io temo che una nuova grandinata fiscale sia all’orizzonte, dato il buco che la manovra per il 2019 va producendo. Se sarà una grandinata a opera di questi signori o di un nuovo governo poco importa.
Spero che la lezione di Monti sia servita: no si può spremere un limone già spremuto e sperare di ricavarne qualcosa. Commercianti, Artigiani e piccole imprese pagano il 70% del reddito in tasse e contributi, l’unico risultato è quello che abbiamo davanti agli occhi: caduta dei consumi e dei risparmi, aumento della disoccupazione e del debito pubblico. Monti, da incompetente, aumentò le tasse sui poveri (i poveri sono tanti….) aumentando la povertà. Il punto fermo deve essere che senza una massiccia riduzione delle tasse non è possibile sperare di agire sul deficit e il debito, si possono redistruibire, tassando maggiormente le grosse società e aziende (quelle delle sedi fiscali spostate all’estero per intenderci…) ma più di tanto non si può ottenere. In uno Stato in cui la spesa pubblica e previdenziale è oltre al 50% del PIl parlare di nuove tasse è ridicolo, per esempio facendo pagare le siringhe in Calabria come in Veneto quanti soldi possono uscire per la flat tax?