Parlando durante un comizio elettorale (attività che svolge tutt’altro che raramente), Matteo Salvini, reduce dal successo alle elezioni europee, ha affermato: “In Europa non assicuro vittorie, assicuro battaglia”.
Fin qui niente di strano, classica retorica da comizio. Poi, però, ha aggiunto, tra le altre cose: “Non andremo in Europa a chiedere i soldi degli altri: noi vogliamo usare per gli italiani i soldi degli italiani e abbassare le tasse in questo Paese”.
Se si riferiva al fatto che l’Italia è contribuente netto al bilancio comunitario, lo sbilancio negli ultimi anni si aggira attorno ai 4-5 miliardi: una cifra non marginale, ma corrispondente grosso modo al 15% del minor gettito corrispondente a quella che impropriamente va sotto il nome di flat tax secondo i progetti leghisti. Mancherebbero un bel po’ di quattrini. Siccome il bilancio è già in deficit, se i quattrini devono essere quelli degli italiani si deve ipotizzare un aumento di tasse per qualcun altro o una qualche forma di prestito forzoso a favore dello Stato.
Il che mal si concilia, pur nell’utilizzo approssimativo dei termini da parte dei governanti del cambiamento, con il concetto di ridurre le tasse. Parafrasando Einstein, si può ritenere folle il comportamento di chi continua a promettere tagli di tasse senza tagliare un euro di spesa. Oppure cialtrone, se si preferisce (io lo preferisco).