Non se la prendono solo con gli americani, ora la Cina ha mosso le sue critiche all’Unione europea, invitandola a rispettare la sovranità della Cina e ad accettare i fatti dopo che ieri il Parlamento europeo ha approvato una mozione riguardo gli affari di Hong Kong.
Il portavoce del Ministero degli Esteri Geng Shuang ha dichiarato in una conferenza stampa che la Cina ha protestato formalmente con l’Europa: risposta alla mozione approvata ieri a strasburgo che esortava il governo della regione amministrativa speciale a ritirare la legge sulle estradizioni, a rilasciare i manifestanti fermati e ad aprire un’inchiesta “indipendente e imparziale sull’uso della forza da parte della polizia contro la folla”.
Secondo il governo di Pechino, “la mozione non tiene conto dei fatti, confonde il bene e il male e punta il dito sull’amministrazione del governo della Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong nel rispetto della legge e della politica del governo centrale su Hong Kong”, ha detto Geng.
“La parte europea non deve interferire negli affari di Hong Kong in alcuna forma o sostenere criminali violenti che violano l’ordine di Hong Kong con atti violenti, altrimenti finirà solamente per farsi del male”, ha detto Geng.
LE TRIADI ALL’ATTACCO
La Cina condanna duramente le proteste della notte contro la sede di Pechino a Hong Kong, tra graffiti sui muri esterni e lancio di uova e palloncini pieni di inchiostro: il Quotidiano del popolo, voce del Partito comunista cinese, ha definito “intollerabili” gli ultimi sviluppi. Il commento, pubblicato in prima pagina e dall’eloquente titolo “l’autorità centrale non può essere sfidata”, amplia le critiche già espresse ieri da un imprecisato portavoce dell’Ufficio per gli affari di Hong Kong e Macao, che fa capo al governo di Pechino. L’agenzia Nuova Cina, infatti, ha riportato le critiche contro le manifestazioni che hanno visto “comportamenti aggressivi di alcuni dimostranti radicali”. “Sosteniamo con forza il governo di Hong Kong perché adotti tutte le necessarie misure nel rispetto della legge per assicurare la sicurezza degli organi del governo centrale basati a Hong Kong, la tutela dello stato di diritto a Hong Kong e la punizione dei criminali”, ha spiegato il portavoce.
Gli atti di vandalismo contro la sede della rappresentanza di Pechino a Hong Kong sono “una sfida alla sovranità nazionale”, ha detto la governatrice dell’ex colonia britannica Carrie Lam, in una conferenza stampa in streaming, condannando le violenze di ieri. Forte condanna anche per gli assalti di persone sospettate di legami con le Triadi, armate di bastoni, contro attivisti pro-democrazia alla stazione di Yuen Long. “La violenza non è la soluzione ai problemi e chiama altra violenza. Faremo le dovute indagini”.
Il più alto inviato cinese a Hong Kong, Wang Zhimin, ha condannato gli atti vandalici compiuti fino a tarda notte dai manifestanti antigovernativi contro la sede ufficiale del governo centrale: muri esterni e stendardo sono stati imbrattati con graffici e lancio di uova e di palloncini con inchiostro. Un insulto “contro tutto il popolo cinese. Questi atti hanno gravemente danneggiato lo spirito di stato di diritto molto apprezzato di Hong Kong e i sentimenti di tutti i cinesi, compresi sette milioni di connazionali di Hong Kong”, ha detto Wang.
Il film della giornata di ieri – Per il settimo weekend consecutivo oltre 400.000 cittadini di Hong Kong sono scesi in piazza per protestare contro la legge sulle estradizioni verso la Cina. E, questa volta, anche per chiedere nuove elezioni e un’indagine indipendente sui metodi che la polizia ha utilizzato per reprimere le manifestazioni dei giorni scorsi.
Ingenti le misure di sicurezza attuate nell’ex colonia britannica dove erano stati dispiegati 4.000 agenti per evitare che le proteste degenerassero in violenze come successo lo scorso fine settimana e due settimane fa quando un gruppo di manifestanti ha fatto irruzione nel compound che ospita il parlamento.
La polizia ha sequestrato diverse bombe artigianali in un edificio nel distretto industriale di Tsuen Wan e arrestato tre persone. Verso la fine del corteo alcuni manifestanti sono usciti dall’area concessa per la manifestazione per andare davanti al Liaison Office, uno degli uffici del governo locale sostenuto da Pechino, e con vernice spray e uova marce hanno imbrattato l’emblema cinese sulla porta d’ingresso al grido di ‘Hong Kong libera!’ e ‘Democrazia adesso’. La polizia ha sparato gas lacrimogeni e pallottole di gomma per disperdere la folla. La tensione è cresciuta quando un gruppo di uomini, con il volto coperto, si è lanciato contro i manifestanti e li ha aggrediti.
Alcuni brandivano dei bastoni e indossavano abiti chiari. Di bianco erano vestite anche molte delle 100.000 persone che sabato hanno partecipato ad un contro corteo di sostegno alla polizia nel centrale quartiere di Admiralty. Nata come una protesta contro una legge che prevede l’estradizione in Cina per i presunti colpevoli di reati, la sollevazione popolare si è estesa alla richiesta di dimissioni del governo guidato da Carrie Lam e di maggiori garanzie democratiche. In particolare l’applicazione delle garanzie del modello ‘Un Paese, due sistemi’, sottoscritto nel 1997 al momento della restituzione di Hong Kong alla Cina da parte della Gran Bretagna e valido, in teoria, fino al 2047.
I dimostranti chiedono anche il suffragio universale e il diritto di voto per tutti i residenti di Hong Kong nonchè di far cadere tutte le accuse a carico dei manifestanti che sono stati fermati o arrestati in oltre un mese di proteste. Lam ha sospeso la legge ma questo non ha fermato le proteste. Per Pechino si tratta della più grande crisi nell’ex colonia britannica fino a oggi. (Ansa)