di ALESSANDRO MORANDINI
Se non esistessero i social network, in particolare Facebook, anche l’indipendentismo veneto sarebbe diverso. Che tipo di contributo ha dato l’uso massiccio della rete all’indipendentismo? Si è portati a pensare che l’uso delle App grazie alle quali in ogni momento ed in tempo reale possiamo ricevere informazioni, dire la nostra, postare video e foto, tenerci in contatto con il mondo dell’indipendentismo veneto, abbia agevolato la partecipazione. Quindi sembrerebbe un contributo positivo. Ma, invece, è proprio considerando anche l’utilità pratica dei social network che riusciamo ad aggiungere, alle tante spiegazioni date, un’altra, importante, che ci consente di capire ciò che appare veramente strano.
In altre occasioni ci si è soffermati su alcuni meccanismi psicologici e di interazione tra individui che causano la stranezza tipicamente veneta: una nazione, un popolo che ancora ha una identità forte, con una gloriosa storia alle spalle, al quale lo stato italiano sottrae la maggior parte delle risorse economiche, dove un migliaio di persone negli ultimi anni si è suicidata; una nazione che mantiene uno stato in via di sottosviluppo anche a causa di un perverso meccanismo di redistribuzione delle risorse tra le diverse aree, una nazione soggetta ad ingiustizie ed inefficienze d’ogni tipo non trova il modo per ribellarsi e condurre una vittoriosa battaglia per l’indipendenza.
Per spiegare questo stato delle cose, in altri articoli si sono elencati meccanismi psicologici legati al fallimento della razionalità o alla riduzione della dissonanza cognitiva, che, nella contraddizione, ci porta a privilegiare i pensieri meno costosi; si sono ricordati meccanismi dell’interazione come le tecnologie dell’azione collettiva che spiegano che l’innesco di una lotta è, anche dove ci sono condizioni favorevolissime come in Veneto, la parte più difficile, quella che richiede maggiori sforzi da parte dei primi partecipanti; si è ricordato anche il fatto che i partiti politici ancora oggi rappresentano un ostacolo alla crescita a valanga della lotta indipendentista, perché i capi traggono vantaggi in termini di carriera proprio riducendo l’intensità della lotta; si è individuata nell’indipendentismo (quindi in qualche modo in ciascuno di noi) la maggiore responsabilità della mancata affermazione dell’indipendenza del Veneto, nonostante le condizioni sociali presentino un quadro tutto sommato favorevole all’insorgere della battaglia indipendentista, che in Veneto viene a coincidere con una battaglia per la giustizia.
Prendendo in considerazione i social network ed in particolare le App, si può vedere che, anche se sono molto utili per un certo aspetto, sono dannosi per un altro. Le applicazioni più diffuse come Instagramm o Facebook danno agli utenti la sensazione della presenza. Ma di che tipo di presenza si tratta? L’indipendentismo veneto, a causa dell’uso massiccio di Facebook e Instagram, ha probabilmente esteso la sua platea di utenti, ma ha ridotto quella dei partecipanti alle iniziative. Alla gente basta esserci attraverso lo schermo, soprattutto se le immagini ed i video sono ben definiti e ricchi di particolari.
L’indipendentismo ricalca in realtà la condizione attuale di tante altre forze politiche, i cui raduni che ancora trent’anni fa richiamavano migliaia di persone, oggi sono frequentati da poche centinaia. Anche gli indipendentisti stanno patendo gli effetti di un fenomeno sociale moderno che consiste nel ridurre aspetti importanti della vita sociale alla loro comunicazione. Questo fatto interessa soprattutto la politica, che essendo ridotta a comunicazione non può che risolversi nella propaganda elettorale e nelle elezioni, cioè nella competizione tra leader che si svolge nel mondo dei social e in parte della TV. Ai leader, oggi, non interessa guidare le piazze, avere un rapporto personale con la gente, ascoltare le opinioni delle persone comuni, stare in mezzo al popolo. Si preoccupano solo di funzionare nel web.
Ma che dire di Salvini? Ai suoi comizi ci sono un sacco di persone! Sembra essere un leader vecchia maniera, l’unico che riesce a radunare migliaia di individui in una piazza (eccetto i corpi intermedi come i sindacati che, però, riescono a farlo perché pagano i partecipanti o offrono, occupandosi della vita loro quotidiana, benefici di vario tipo). Matteo Salvini rappresenta un’idea: quella del leader popolare, nel senso di “uno di noi”, che attacca il potere ormai distante ed autoreferenziale: per questo molta gente lo vuole vedere dal vivo e quando ha occasione va ai suoi comizi. Anche Umberto Bossi aveva assunto quel ruolo, con la differenza che rappresentava anche l’idea della secessione ed invece Salvini rappresenta il suo contrario: l’unità dell’Italia.
Ci si chiedeva, tempo fa, nel corso di una manifestazione, se nell’indipendentismo veneto potranno mai sorgere leader come Salvini e Bossi. E se lo chiedeva anche Paolo Bernardini su queste pagine. Leader capaci di fare impazzire le folle (in realtà le folle, con Salvini, non impazziscono: si limitano a partecipare ai suoi comizi e a votarlo), Nulla si può escludere, ma bisogna valutare se per noi è preferibile un capo carismatico o altro. Perché il punto sta nel fatto che l’indipendenza del Veneto può essere raggiunta solo attraverso una battaglia politica straordinaria.
La lotta politica ordinaria, quella che rientra nello schema propaganda-elezioni-seggi va bene per una idea che non mette in questione lo stato o almeno lo stato italiano. I capipopolo sullo stile di Hitler, Mussolini, Berlinguer, Berlusconi e ora Salvini, trascinatori di folle, in genere fanno carriera all’interno di un partito (i più capaci lo inventano, il partito) e intendono, sin da subito, usare lo stato per accrescere il proprio potere: sin da subito intuiscono che per ottenere più potere personale bisogna, nelle nostre società moderne e stataliste, usare lo stato, quindi i partiti.
Però non tutti sono consapevoli che lo stato, sin da subito, li costringerà ad usare le loro idee, anche secessioniste o rivoluzionarie, per consolidarsi; solo i politici più colti, più avveduti hanno chiaro che non sarà lo stato a cedere alle loro idee, ma le loro idee a cedere di fronte allo stato italiano se alle loro spalle non c’è una partecipazione autentica, non orientata alla comunicazione ma orientata alla lotta contro lo stato italiano.
Più che un capo carismatico forse l’indipendentismo avrebbe bisogno del moltiplicarsi di azioni simboliche, non violente, collettive o individuali. Così anche i social network potrebbero diventare utili e non solo il luogo del chiacchiericcio su vicende che, rispetto allo scopo dell’indipendenza, sono irrilevanti. La lotta dell’indipendentismo veneto non può che essere lotta per l’abbattimento dello stato italiano. Se la comunicazione diventa fine a sé stessa, se sostituisce la lotta, allora l’indipendentismo veneto non ha futuro e presto resterà un passatempo per illusi. E d’altro canto non basta saperlo: non basta conoscere i meccanismi psicologici, di azione e di interazione, le tecnologie dell’azione collettiva per realizzare la lotta. Per innescare la lotta, la lotta non-violenta, ci vogliono eroi, ci vogliono persone speciali. Sembra paradossale, ma un serio tentativo di indipendenza del Veneto dipende, inizialmente, da poche persone che non si limitano a riempire il web ed i social delle solite parole e che, invece, si decidono a fare da apripista della lotta. Solo questa presenza nello scenario della politica appare indispensabile, il resto è utile. Ma se l’obiettivo è l’indipendenza e se manca l’indispensabile, allora anche l’utile è inutile.
Anche se grazie alle riflessioni sociologiche riusciamo a identificare gli ostacoli, le difficoltà, i problemi che deve affrontare l’indipendentismo veneto, nessuna riflessione potrà generare quegli individui speciali che sono alla base dei grandi cambiamenti politici e sociali, perché quegli individui speciali o ci sono, o non ci sono.