Una delle costanti degli articoli che si occupano di descrivere ciò che accade sui mercati finanziari consiste nel cercare di dare giustificazioni, spesso basate sul senno di poi. Sul fenomeno dei tassi di interesse negativi è piuttosto diffusa una spiegazione che a me pare ignorare l’elefante nella cristalleria. La spiegazione è, per esempio, quella fornita da Karl W. Smith su Bloomberg Opinion, secondo il quale, dopo tutto, “è solo la vecchia legge della domanda e dell’offerta.”
Il che è anche banalmente vero. Ma cosa dire della domanda e dell’offerta? Sono frutto di un ordine spontaneo oppure sono pesantemente influenzate da interventi che col mercato hanno poco a che fare?
Smith tira in ballo l’invecchiamento della popolazione. Non è da escludere che sia una tendenza che possa astrattamente contribuire a ridurre i tassi di interesse, ma occorrerebbe forse prevedere l’estinzione del genere umano per azzeramento del tasso di fertilità per attribuire alla demografia la responsabilità di tassi di interesse sotto zero.
Secondo Smith, i tassi di interesse negativi “stanno solo riflettendo ciò che accade nel mondo. Il mondo sviluppato sta invecchiando e l’incertezza – sia essa politica, economica o tecnologica – sta crescendo ovunque. L’offerta di investimenti privi di rischio è scarsa, e i risparmiatori devono essere disposti a pagare per averli.”
Avrete notato che, tra le cose che accadono nel mondo, non c’è alcun accenno alle politiche monetarie praticate dalle principali banche centrali. Eppure ciò fa massicciamente parte di quello che accade nel mondo, soprattutto quando si guarda ai tassi di interesse. E non si direbbe un fenomeno dall’importanza marginale, men che meno un fenomeno spontaneo di mercato.
Ma Smith e i tanti che vedono (si fa per dire) le cose come lui, ricordano Igor in Frankenstein Junior. “Gobba? Quale gobba?”