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Hong kong indomabile, ora si appella alla regina d’inghilterra

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di REDAZIONE

Migliaia di manifestanti, in gran parte vestiti di nero, hanno sfidato il divieto della polizia di Hong Kong, partecipando alla marcia pro-democrazia partita dall’ area dello shopping di Causeway Bay e diretta verso Central, la zona delle sedi governative e istituzionali. Nel 15/mo weekend consecutivo di proteste, le principali strade nel cuore dell’ex colonia risultano sboccate, mentre i centri commerciali hanno dovuto chiudere prima del tempo a causa di possibili tensioni e scontri tra attivisti e polizia in tenuta antisommossa.

In centinaia si sono radunati davanti alla sede del Consolato britannico a Hong Kong chiedendo a gran voce il sostegno della comunità internazionale alla loro protesta e mobilitazione per le riforme democratiche. I dimostranti sventolano bandiere britanniche, cantano l’inno nazionale (‘God Save the Queen’), scandiscono slogan come “Gb salva Hong Kong”. Hong Kong fu una colonia britannica dal 1841 al 1997 quando tornò sotto la sovranità cinese.

Il sit-in, davanti al consolato britannico all’Admiralty, ha lo scopo di sollecitare il governo britannico “a salvare Hong Kong” sulla base della considerazione che il modello “un Paese, due sistemi è morto”, hanno scandito i manifestanti sullo schema concordato da Londra e Pechino per il ritorno dei territori nel 1997 sotto la sovranità cinese. In più, la Cina è stata accusata di non aver ottemperato agli obblighi della dichiarazione congiunta sino-cinese, soprattutto sul suffragio universale, chiedendo a Londra di prendere provvedimenti in tal senso.

“Sollecitiamo il governo di Sua Maestà a rivedere lo status di ‘un Paese, due sistemi’ e ad agire contro le violazioni – hanno rimarcato i manifestanti in una nota letta davanti al consolato -. Alla luce del grande pericolo con il quale ci confrontiamo quotidianamente, è un dovere per il governo britannico rivedere le politiche su Hong Kong per proteggere la nostra gente”. Oggetto di contesa sono poi i passaporti per i British National Overseas (Bno), dati ai residenti dell’ex colonia senza connessioni dirette con il passaggio del 1997. La contestazione riguarda il fatto che il passaporto Bno dà ai possessori il libero accesso alla Gran Bretagna, ma non la residenza.

La scorsa settimana, circa 130 parlamentare britannici hanno sottoscritto una lettera inviata al ministro degli Esteri Dominic Raab sollecitando gli Stati del Commonwealth a dare ai residenti di Hong Kong la seconda cittadinanza. Un mossa seguita alla freddezza mostrata dallo stesso Raab all’ipotesi di ‘correggere’ il passaporto Bno. Nella vicina Macao, altra ex colonia, il Portogallo ha dato la piena cittadinanza nati prima di una certa data, prima comunque della restituzione dei territori alla Cina del 1999. (Ansa)

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