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Le scuse di mercato dei banchieri centrali nemici del libero mercato

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di LEONARDO BAGGIANI

«In un recente discorso , il vicepresidente per la supervisione della Federal Reserve RK Quarles ha ampiamente citato F. A. von Hayek. Quarles ha sottolineato l’argomentazione di Hayek sui prezzi liberamente determinati, come cruciali per trasmettere conoscenza tra gli operatori e migliorare un ordine economico funzionale. Al contrario, ha affermato, i prezzi distorti danneggiano la performance economica. Piuttosto sorprendentemente, tuttavia, Quarles ha concluso approvando un altro taglio dei tassi dei fondi federali (questa linea di pensiero si applica anche, mutatis mutandis, anche al contesto europeo). In effetti, i tassi di interesse sono “prezzi” e anche i tassi di interesse manipolati sono “prezzi distorti”. Quindi, che conclusioni dovremmo  trarre dal discorso di Quarles?»

L’argomento di Hayek è il seguente. Le conoscenze utili sono disperse tra tutti gli agenti economici (consumatori e produttori) che non sono necessariamente consapevoli delle conoscenze in loro possesso. Molte di queste conoscenze riguardano circostanze specifiche relative a un determinato luogo e a un determinato momento e non possono essere trattate nemmeno statisticamente. Gli agenti liberi usano la conoscenza per prendere decisioni, agire e scambiare. Gli scambi generano prezzi. Pertanto i prezzi includono tutte le conoscenze pertinenti e trasmettono queste informazioni a tutti gli altri operatori in forma sintetica. Interazioni illimitate e ripetute (vale a dire il libero mercato) portano ad un costante aggiornamento della struttura dei prezzi e nuove applicazioni di tutte le conoscenze pertinenti. Ecco come funziona e cresce un’economia di libero mercato. Al contrario, i prezzi distorti trasmettono informazioni distorte e gli agenti prendono decisioni sbagliate.

Quarles sembra sottoscrivere il punto di vista di Hayek. Ha avvertito che “prima di affermare che i meccanismi di mercato possono essere migliorati dalla regolamentazione o da altri interventi del settore pubblico nei casi in cui i segnali di prezzo non sembrano funzionare in modo efficace”, è necessario “identificare uno specifico fallimento del mercato come fonte dell’inefficienza ”. Tuttavia, ha aggiunto che si deve anche “mettere il pensiero di Hayek nel contesto dello sviluppo contemporaneo”, e si è riferito alle origini dell’ultima crisi finanziaria come un caso di fallimento evidente del mercato, una situazione caratterizzata da rischi finanziari insufficienti, prezzi del debito gonfiati e delle attività nei mercati immobiliari e finanziari. In altre parole, a suo avviso il colpevole era il prezzo errato del rischio.

Pensiamo che il discorso di Quarles sia almeno parzialmente imperfetto. Secondo Hayek, i tassi di interesse sono prezzi per tempo e rischio. In realtà, sono forse i prezzi “più importanti” nell’economia. Equilibrano investimenti e risparmi e, quindi, contribuiscono all’equilibrio intertemporale tra le risorse disponibili e i loro usi. Pertanto l’offerta di denaro non dovrebbe essere manipolata. La stampa di nuova moneta influisce in modo disomogeneo sull’economia (ad esempio una politica monetaria espansiva può gonfiare i mercati finanziari più del settore reale). Porta a prezzi relativi ingannevoli e ad un’allocazione errata delle risorse.

La valutazione errata del rischio all’inizio della crisi finanziaria del 2007-2008 non è capitata all’improvviso. Numerosi provvedimenti politici l’avevano preparata. Ad esempio, il governo americano mirava a promuovere la proprietà della casa garantendo e riacquistando i mutui attraverso Fannie Mae e Freddie Mac . Non sorprende che queste garanzie abbiano abbassato il rischio percepito (e prezzato di conseguenza) dalle banche creditrici. Inoltre la Fed aveva già abbassato i tassi di interesse all’indomani della crisi “dot.com”.

Come Hayek avrebbe previsto, l’elevato indebitamento, il rischio sottovalutato e l’aumento dei prezzi degli immobili erano quindi (volute) conseguenze dell’intervento politico, non fallimenti del mercato. Quarles aggiunge che la Fed deve intervenire (e orientare i prezzi) per correggere le esportazioni stagnanti e migliorare gli investimenti depressi dalla debole crescita mondiale e dalle guerre commerciali. Tuttavia, questo non è un caso di fallimento del mercato: gli agenti utilizzano correttamente la loro conoscenza delle prospettive economiche ed evitano di sprecare risorse in investimenti eccessivi e rischiosi. Inoltre Hayek non credeva che stimolare l’economia fosse un dovere della banca centrale.

Riassumendo, l’ultima crisi finanziaria così come ogni rallentamento congiunturale non sono scuse accettabili per “collocare il pensiero di Hayek nel contesto dello sviluppo contemporaneo”; se non per “sviluppo contemporaneo” si vuole negare che i prezzi ampiamente e permanentemente distorti siano un fallimento delle decisioni politiche. L’unico “sviluppo” qui è l’espediente di etichettare qualsiasi stato deludente dell’economia come un fallimento del mercato, indipendentemente dalla sua origine. “Ego te baptizo piscem” diventa il nuovo modo di sfuggire all’autocritica onesta.

Certo, Quarles è in buona compagnia. Ad esempio, A. Greenspan ha elogiato i pensatori del libero mercato, ma poi ha distorto il ragionamento per giustificare politiche opposte. Naturalmente, questa abitudine non si limita alla Fed. Per quanto riguarda la BCE e Hayek, si consideri l’ avvertimento di Y. Mersch (2017) sull’arroganza di coloro che sostengono (centralmente) la pianificazione della piena occupazione, della crescita economica e della stabilità del mercato. O O. Issing (2005), che ha applaudito M. Monti per le sue attività normative in qualità di Commissario europeo per la concorrenza, mentre ricordava Hayek sui limiti della conoscenza e sul ruolo di primo piano della concorrenza (libera da interventi burocratici). Or Y. Mersch (2013) che per prima cosa elogia Hayek sulla conoscenza e sui prezzi di mercato, quindi propone bassi tassi di interesse e politiche di allentamento quantitativo suggerendo di far fronte alle derivanti sottovalutazioni del rischio, falsi incentivi e bolle, ridisegnando centralmente il settore bancario.

Più in generale, osserviamo che quando i politici non eletti hanno bisogno di legittimità, spesso ricorrono a citazioni di pensatori più famosi che studiati e preferibilmente morti. Di conseguenza può accadere che le politiche che distorcono il mercato in nome del presunto interesse pubblico siano pubblicizzate come mercato libero o neoliberista per minimizzare l’opposizione e avere un capro espiatorio a portata di mano.

Da un punto di vista più ampio, dobbiamo considerare che l’indipendenza delle banche centrali è in pericolo. In effetti, diventa difficile tenere a bada la politica quando gli obiettivi e le conseguenze delle politiche debordano dai rigorosi confini monetari. Strategie retoriche come quelle sopra menzionate diventano quasi inevitabilmente parte del gioco, con politici e tecnici che si abituano e si baloccano con concetti “di parte”, con l’obiettivo finale di domare il pensiero critico dell’opinione pubblica. Il risultato a lungo termine di tale tendenza sarebbe un banchiere centrale eletto pubblicamente.

QUI L’ARTICOLO ORIGINALETRADUZIONE DI MAURO GARGAGLIONE

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