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Suicidi per covid: altra strage di stato

Da leggere

di PAOLO L. BERNARDINI

E’ di oggi 6 maggio la notizia del suicidio di un imprenditore napoletano, schiacciato come infiniti altri dalla disgrazia non tanto del virus, quanto da quella (ben peggiore) del governo che ha gestito la crisi dal virus derivata. I giornali non hanno diffuso il suo nome, aveva 57 anni – la mia età – e non posso che salutarlo con la pietà cristiana che merita.

Ora, il premier Conte ha parlato di “notizia dolorosa”. Forse qualcuno la poteva ritenere una notizia allegra? Che pena. Mai però che per i suicidi degli imprenditori veneti e non solo veneti (centinaia nel corso degli anni) per una stagnazione che va avanti se non dal 2000, almeno dal 2008 – come Maramaldo il virus, ovvero la gestione del medesimo, ha ucciso uno stato morto – si siano usate queste parole. Mai. Che vergogna. Mi guardo allo specchio e mi chiedo quali cabale caldee mi tengano ancora qui. Ma siccome questo suicidio odierno è uno delle centinaia che stanno avendo luogo in questi due mesi orribili– col silenzio della stampa e con la prospettiva terribile di crescita incontrollata – vorrei ricordarne un altro, avvenuto proprio nella mia amata laguna veneziana, al Lido, esattamente un mese fa.

Il 7 aprile 2020. In questo caso non un piccolo imprenditore, ma due sorelle marocchine con una situazione economica forse ancor più incerta, aggravata dalla gestione assassina della crisi-virus da parte dello stato. I vermi sinistri che reggono le sorti della baracca non dovrebbero versar lacrime su lacrime per la fine di due precarie, due immigrate dal Marocco, due marginali o semi-marginali nella società? Loro – radical chic vasi di ogni ignoranza e di ogni nequizia, talmente infimi che mi domando se ontologicamente (non moralmente) appartengano ancora al genere umano – non se ne curano. Eppure sono sempre stati a favore dell’immigrazione, sconsideratamente. Ma lo faccio io, in nome di quella “vigilanza” che il mistico cabalista Mosè Vita Luzzatto esaltava, nella Padova di primo Settecento. E che noi tutti libertari e liberali classici, senza necessariamente conoscere Luzzatto, omaggiamo quotidianamente col nostro lavoro.

E ora un ricordo di due giovani sorelle, Bouchra e Sanae El Haoudi, quarantenni, che hanno scelto di porre fine alla propria vita all’inizio di aprile nella laguna veneta. Mai come nel 2020, aprile è “il più crudele dei mesi”.

APRILE DOLCE MORIRE

Aprile dolce dormire

Ma sul fondo della laguna

Senza luci e senz’ombra

Senza più voci, senza suoni

Ad aprile è dolce morire

Perché l’acqua è fredda

E la Primavera – forse c’è – ma forse

Quel giorno non c’era

Per voi di certo quel giorno non c’era.

 

Morire avvolti nella cerniera

Che di Venezia rinserra la bara:

Morire tra il Mose e Marghera

I pali della croce d’una storia tanto amara.

 

Che uccide Venezia

Giorno per giorno

Due disgrazie infinite

E senza ritorno.

 

Uno sguardo alle bricole, grigie

L’ultima vista, confusa

Sull’acqua pire di legno:

Un sorso di brandy – come è vecchia

Anche la Venetia, silente, gelata

Qualche lacrima che si confonde

Tra quelle flebili onde

Della mia triste laguna.

 

Dove sono le buone notizie?

Nel tuo nome, Bouchra, soltanto

Le porta via il tuo pianto

Insieme con la tua vita.

 

Dov’è Sanaa quello splendore

Che fece dei tuoi occhi fiamma

Che ti fece volare

Sulle ali del sogno eterno

Che si chiama “una vita migliore”?

 

E’ nel tuo nome soltanto e si spegne

Al contatto di un’acqua mortale

Non dolce, ma neanche di mare.

Ma lo sai? Forse però sul fondo, un istante,

Per un istante ti ho vista brillare.

 

Addio figlie dei monti di Atlante

Giunte raggianti sulla laguna.

Addio sorelle che la sventura

Unisce in un tenero abbraccio.

 

Partite di notte da Punta Sabbioni

Sopra un vascello deserto

Per il vostro ultimo viaggio:

E non quello dei vostri sogni…

Coraggio, coraggio,

Una cosa so solo, per certo:

V’attende ora davvero

Lassù, da qualche parte,

Una vita migliore.

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