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Taiwan, il presidente neo-insediato fa arrabbiare i cinesi

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di REDAZIONE

La nuova vittoria di Tsai Ing-wen nelle presidenziali a Taiwan non era stata per Pechino una buona notizia. E’ anche l’eccezionale efficacia di Taipei nel domare il nuovo coronavirus, che nella Cina popolare ha avuto la sua origine, non mette una buona luce il continente rispetto alla vibrante democrazia in campo in quella che Pechino considera solo una provincia ribelle.

Ma l’inaugurazione del secondo mandato di Tsai, nel bel mezzo di una guerra retorica sempre più intensa con gli Stati uniti, rischia di essere oltremodo irritante visto dall’altra sponda dello Stretto.E’ stato, quello di Tsai, un discorso che non suggerisce volontà di compromesso, che mette in discussione la politica dell'”Unica Cina”, il mantra diplomatico a cui Pechino continua ad aggrapparsi per tenere Taiwan vincolata al continente, in vista di un’auspicata – dal suo punto di vista – rientro del figliol prodigo. Tsai ha sottolineato la sua volontà di rientrare nelle organizzazioni internazionali, a partire dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), anche alla luce dell’ottima performance di Taipei nella lotta contro il COVID-19.

“Nei prossimi quattro anni continueremo a lottare per la nostra partecipazione nelle organizzazioni internazionali, rafforzare la cooperazione reciprocamente benefica con i nostri alleati e rafforzare i rapporti con gli Stati uniti, il Giappone, l’Europa e i paesi di buona volontà”, ha spiegato la presidente.

La Cina si oppone vivamente a un’integrazione di Taiwan all’interno del sistema Onu, anche perché vedrebbe in tale integrazione un indiretto riconoscimento dell’indipendenza dell’isola, che dal suo punto di vista e nel quadro della dottrina dell’Unica Cina è semplicemente una parte del suo territorio da redimere. Da questo punto di vista, Pechino non fa mancare segnali di aumento della sua attività militare nella regione. Gli Stati uniti, dal canto loro, fanno sentire anch’essi la loro pressione a favore di Taiwan.

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