di MATTEO CORSINI
In un articolo sul Sole 24 Ore, Riccardo Sorrentino valuta i primi effetti della pandemia sui dati economici di diversi Paesi, concludendo che, per ora, parrebbe che l’impatto appaia indipendente dalla scelta di operare una chiusura più o meno rigida delle attività produttive. Scrive Sorrentino:
- “È stata la domanda che ha tormentato qualunque governo. Esiste un compromesso possibile, un trade off, tra le esigenze della salute e quelle dell’attività economica? È obbligata la scelta del confinamento totale o sono praticabili soluzioni meno drastiche? La risposta è stata diversa, da Paese a Paese; ma il crescente fastidio per le esasperazioni del lockdown stanno ora seminando dubbi anche tra i più cauti.”
In effetti perfino gli italiani, abituati a essere trattati come pecore, qualche perplessità iniziano ad avercela. Prosegue Sorrentino:
- “Forse però la scelta non è così netta. I due aspetti – salute e reddito – non possono essere messi su due piatti della stessa bilancia. Non solo perché sono radicalmente (moralmente, si potrebbe dire) diversi, ma anche perché uno di loro, l’attività economica, si sta rivelando elusivo. Tenere le economie “aperte” o “semiaperte” non mette al riparo da una brusca contrazione di produzione, reddito, occupazione, domanda.”
Il che è intuibile, come lo stesso Sorrentino rileva: da un lato, le persone, anche senza divieti stringenti, tendono a essere più caute nell’interagire con altri; dall’altro, essendoci interdipendenze tra le diverse economie, l’applicazione di regimi rigidi di lockdown da parte di alcuni Paesi non può non avere effetti sulle supply chains globali. Ma ecco un passaggio interessante:
- “Sul piano sanitario, non sembra che sia rilevante l’apertura o la chiusura dell’economia. Mantenere bassi contagi, ricoveri e decessi sembra richiedere una strategia più complessa che un lockdown più o meno rigido.”
Peccato che poi, una volta snocciolati una serie di dati relativi a varie economie, Sorrentino concluda così:
- “Il responso finale arriverà con il secondo trimestre, che però si preannuncia per tutti più duro del primo. Non sembra quindi che il triste, e un po’ assurdo, calcolo immaginato da molti – un morto corrisponde a uno, dieci o cento disoccupati in meno – possa avere un senso.”
Se sul piano sanitario “non sembra che sia rilevante l’apertura o la chiusura dell’economia”, a prescindere dall’impatto economico, credo si dovrebbe preferire un approccio che limiti il meno possibile la libertà delle persone e delle imprese. Sia per una questione di principio, sia perché è ipotizzabile che la chiusura forzata e prolungata delle attività, oltre alle rigide limitazioni in fase di riapertura, abbiano un effetto negativo molto più marcato sulle attività produttive.
Ma in Italia sono veramente poche le persone che non accettano di buon grado le apparizioni del presidente del Consiglio in prima serata a reti unificate che afferma di “concedere” ai cittadini di uscire stando a 200 metri da casa, come pure è successo le scorse settimane. Al contrario, durante quel periodo pare sia addirittura aumentato il gradimento per il già autodefinitosi “avvocato del popolo”. Le pecore hanno molta più dignità.
le cure del buon pastore son più certe rispetto alla fame del lupo. E’ certo infatti che il lupo si sfama forse con qualche boccone di una pecora, mentre sicuramente il pastore porterà tutte le altre al macello. Oh! ..Son certezze!
La pubblica “diseducazione” crea cittadini bambinoni, adusi più ad elemosinare dallo Stato che a provare a far valere i propri meriti. E i bambinoni nel pericolo (ma basta anche un presupposto pericolo) ubbidiscono a mamma-Stato, senza riflettere più di tanto.