La Svezia è un altro esempio di liberalismo applicato. Alla fine degli anni Ottanta, la Svezia ha subito le conseguenze di un’espansione statale esagerata, il tasso di disoccupazione nel 90 era del 2,7% e nel 94 era del 13,3% (Statistiska Centralbyrån SCB, 2014) una follia. Ma nel 2008 è riuscita a scendere al 6,18% (dati FMI).
Tra il 1990 e il 1993 l’economia svedese è scesa del 4,3% (Ekonomifakta), mentre altri paesi come gli Stati Uniti sono cresciuti del 6,3%, e questo trend sarebbe continuato senza le riforme che han scelto di fare. Secondo i vecchi dati di Maddison, nel 1976 il PIL pro capite in Svezia era pari all’87,1% di quello degli Stati Uniti, e nel 1994 al 69,9%, un enorme gap per l’economia nordica che si è risolto grazie alle riforme liberali, gisto per contraddire chi ancora parla di socialismo in quel paese.
Quali riforme sono state fatte esattamente? Lo ha descritto molto bene Mauricio Rojas: meno spese, austerità virtuosa dunque, trasferimenti ridotti, pensioni riformate, attivi di bilancio. Come viene finanziato: riduzione delle imposte sul lavoro e sulle imprese, e riduzione dei sussidi, eliminazione delle imposte dannose.
Inoltre, in Svezia han messo fine ai monopoli pubblici, separando la responsabilità e la gestione pubblica e aprendo ai partenariati pubblico-privati. De-monopolizzazione delle infrastrutture e dei servizi di base: energia, telecomunicazioni, trasporti, ufficio postale, farmacie, servizi sociali, voucher scolastici ed altro ancora.
Il cittadino è tornato ad essere responsabile e il suo denaro lo spende secondo le sue scelte. Concorrenza e libertà d’impresa come punto cardinale. Senza dubbio, la Svezia è un paese capitalista.