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I sognatori di super-monete (che si svalutano)

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di MATTEO CORSINI

Dopo l’intervento di Paolo Savona (presidente Consob) durante l’incontro con il mercato, i suoi fans hanno scritto vari articoli a sostegno delle singole proposte (che nulla hanno a che vedere con il ruolo istituzionale di Consob, peraltro) rilanciate in quell’occasione. Per esempio, Guido Salerno Aletta si è soffermato sulla proposta di emettere titoli di Stato irredimibili, esaltandone le caratteristiche di “super moneta”.

  • “Questi titoli, essendo irredimibili, assumerebbero la caratteristica di super-moneta. Per un verso, infatti, gli interessi a copertura dell’inflazione manterrebbero invariato il valore reale dell’investimento mentre la moneta si svaluta; per l’altro, la libera negoziazione li renderebbe idonei alla regolazione di obbligazioni. Da sempre i titoli di Stato sono la forma più solida e consueta di collaterale fornito alle banche centrali in cambio di liquidità alla pari: accettando un pagamento, regolato con questi titoli, si otterrebbe una sorta di moneta che non si svaluta.”

Savona propone di emettere titoli irredimibili al rendimento annuo del 2%, in linea con l’obiettivo di inflazione dei prezzi al consumo della BCE. Poco importa che lo Stato italiano paghi un rendimento simile sulla scadenza ventennale di questi tempi, e che il titolo con maggior scadenza, 2067, renda attorno al 2,5%. Il che significa che il valore di mercato dei titoli irredimibili al 2% proposti da Savona oggi si aggirerebbe sull’80% del valore nominale.

Questo potrebbe essere considerato un dettaglio insignificante da parte di chi elogia i titoli irredimibili, ma serve a capire quanto sia sensibile il prezzo di tali titoli a variazioni anche modeste del rendimento richiesto di mercato.

Chi accettasse questi titoli come mezzo di pagamento, lo farebbe non oltre il loro valore di mercato, non a quello nominale. Parimenti, la BCE li potrebbe forse accettare come collaterale, ma al valore di mercato, oltre ad applicare un haircut.  Questo per quanto riguarda “una sorta di moneta che non si svaluta”.

Lo stesso Salerno Aletta, peraltro, ricorda il precedente della Rendita Italiana, emessa nel 1935 per finanziare lo sforzo bellico in Etiopia. Quel titolo, emesso al 95% del valore nominale e con un rendimento cedolare annuo del 5%, in parte sostituiva un precedente titolo irredimibile al 3,5%, che ovviamente quotava in quel periodo meno del 70% del valore nominale, proprio perché il rendimento di mercato era superiore al 5%.

Io capisco che coloro che sognano il ritorno a uno Stato che emette moneta si facciano venire la bava alla bocca ogni volta che una idea del genere viene messa in circolazione, ma c’è un problema: i titoli irredimibili, in quanto tali, sono sottoscritti volontariamente solo se c’è la massima fiducia nel fatto che l’emittente non sia uno scialacquatore finanziario. Viceversa nessuno li sottoscrive, oppure il loro valore di mercato quota ampiamente sotto il valore nominale.

Ovviamente esiste sempre la possibilità di ricorrere alla repressione finanziaria, ossia l’imposizione di obblighi a carico di una o più categorie di soggetti di sottoscrivere quei titoli e mantenerli in portafoglio. Magari per evitare una patrimoniale, come ha fatto più o meno intendere lo stesso proponente. A tale proposito, sarebbe realistico, come spot pubblicitario per il collocamento al pubblico, utilizzare uno spezzone del film “Il padrino”, nel quale don Vito Corleone dice all’interlocutore che gli farà “un’offerta che non potrà rifiutare”. Non un granché come moneta.

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