A dicembre, in Venezuela si dovrebbe tornare al voto. Capriles, già candidato sconfitto da Maduro, ritiene non ci siano le condizioni. Guaidò, invece, cerca di riunire sotto un unico ombrello tutta l’opposizione. Da qui a fine anno, però, la situazione continua ad essere inaccettabile e la società civile ribolle.
Una nuova ondata di manifestazioni ha cominciato a dilagare in Venezuela, mentre il malcontento si intensifica all’interno del paese a causa del peggioramento della carenza di carburante (spesso venduto al mercato nero a prezzi superiori a quelli italiani) e del costante fallimento dei servizi pubblici di base.
Secondo i rapporti ricevuti dall’Osservatorio venezuelano sui conflitti sociali, con sede a Caracas, dal fine settimana scorso in 19 dei 23 stati del Venezuela si sono svolte più di cento proteste per chiedere alle autorità di fornire acqua, energia e carburante.
L’industria petrolifera è collassata su se stessa, grazie alle scelte collettiviste di Chavez prima e Maduro oggi. Non sono stati fatti investimenti per modernizzare le tecnologie e, oggi, non è più in grado nemmeno fornire ai venezuelani il carburante per le loro auto e camion merci. Anni di cattiva gestione e corruzione sia presso la compagnia petrolifera PDVSA che in altre società di proprietà statale (coadiuvate dai russi) hanno lasciato in rovina gran parte delle infrastrutture che portano benzina, elettricità e acqua nelle case.
Tra il 2014 e il 2019, il Venezuela ha registrato un calo “netto” del 99% delle sue entrate petrolifere, ha detto il leader socialista Nicolás Maduro, durante un discorso in cui ha proposto una legge “anti-blocco” per eludere le sanzioni finanziarie degli Stati Uniti: “Tra il 2014 e il 2019 il Venezuela ha registrato il calo più netto del reddito esterno nella sua storia, forse è la prima volta che mi riferisco a questi numeri in modo pubblico: in sei anni abbiamo chiesto il 99% del volume del reddito in valuta estera”.
Assetato di benzina, il governo di Maduro si è rivolto al suo alleato Iran per chiedere aiuto per l’ottenimento della benzina. Lunedì è arrivato il primo di un gruppo di tre petroliere per consegnare altro carburante iraniano, come è avvenuto a maggio e giugno.
La novità delle nuove proteste è che sono spontanee, alcune organizzate da cittadini e vicini di quartiere e la maggior parte in villaggi e città che non erano precedentemente sulla mappa delle manifestazioni. Ovviamente, il governo di Maduro ha inviato le forze di sicurezza per reprimere (come al solito) le proteste, portando ad almeno 50 arresti.
Un’inchiesta sulle condizioni di vita (Encovi) presentata lo scorso luglio, ha rivelato che gli indici della miseria sono saliti a livelli “mai visti prima”: la povertà di reddito ha raggiunto, nel 2019, il 96,2% delle famiglie nel 2019 e la povertà estrema, 79, 3%, rispetto al 92,6% e al 76,5% del 2018.
Confermo che la benzina costa al mercato nero 2 dollari al litro e si trovano solo taniche da 20 litri max.
Nei distributori ufficiali si devono fare 36/48 ore di coda per fare un rifornimento di max 30 litri contingentati.
In Venezuela era reato penale (!) se si trasportavano taniche di plastica vuote in auto ….
La sanità pubblica, in pratica non esiste più, perché non ci sono più medicinali, i pochi ambulatori privati che funzionano, lavorano finchè riescono a procurarsi qualcosa al mercato nero, ma la popolazione, ormai, non è in grado di pagare le cure ed i medici che sono rimasti, sono pagati pochi dollari ad intervento/visita.
grazie Silvano!