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Ideologia e fede o l’arte della crudeltà: ritorno alla barbarie

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di ROMANO BRACALINI

Il Bragadin veneziano scorticato vivo e rimandato a casa in una botte di aculei, è il miglior esempio di tortura da manuale che faccia onore al grido “mamma li turchi” dell’antico spavento. Ne avevamo persa memoria ma gli ultimi attentati islamisti a Parigi ce l’hanno ricordato.

Passano i secoli ma l’ideologia del terrore resta la stessa. Ogni pietra reca traccia di crudeltà. Ogni zolla contiene un rivolo di sangue. L’uomo ha sempre fatto professione di delitto, col conforto di una fede totalitaria. Ma è come si ammazza che dà la misura dell’istinto di odio e di ferocia. L’esperienza ci ha insegnato molte cose: anche a uccidere con gentilezza, che non sarà una grande consolazione per le vittime ma almeno salva le apparenze.

Otranto nel 1480 venne assediata dalla flotta turca di Maometto II, intervenuta nella guerra tra Venezia e il regno di Aragona. Non ricevendo rinforzi da Napoli, Otranto si arrese. I turchi passarono a fil di spada nel Duomo il vescovo, il clero e il popolo che vi si era rifugiato. Due giorni dopo, vicino al colle della Minerva, vennero massacrati i prigionieri superstiti, gli ottocento martiri di Otranto i cui corpi restarono insepolti per un anno prima di essere rimossi. Nella cripta della cattedrale, in un armadio ben fornito, sono custodite le loro ossa.

Le guerre d’Oriente ci obbligano a un macabro ripasso della memoria. Non c’è più traccia d’onore: sul prigioniero spogliato d’ogni dignità si esercita la furia dell’impulso primitivo che giudicherebbe debolezza ogni richiamo d’umanità. Si torna all’obbedienza omicida dei kapò nazisti e ai guardiani dell’ideologia nelle prigioni di ghiaccio della Siberia.

La tirannia predilige anche i rigori del clima. Stalin non avrebbe mai mandato dei dissidenti a svernare in Crimea. Ogni parallelismo è insufficiente e inadeguato: si rischia di non essere all’altezza dei metodi della nuova barbarie. A Gaza è capitato che i resti di soldati israeliani siano stati trascinati come trofei e infine fatti a pezzi e posti in vendita, come facevano dopo la conquista garibaldina i picciotti siciliani con i corpi dei soldati borbonici squartati e venduti sui banchi della “Vucciria” a Palermo.

Le immagini dei prigionieri dell’Isis sgozzati come capretti fanno ormai parte di un rituale che ha bandito ogni sorta di pietà e che le televisioni arabe con calcolo pedagogico non si lasciano sfuggire incuranti dell’offesa recata alla natura umana dagli assassini di Allah. (“assassino” viene dall’arabo). Persino tra due orrori complementari si può vedere il segno di due diverse concezioni della morte: se in Occidente in un’ondata di sdegno sincero nessuno ha ritenuto di dover nascondere le sevizie americane, che è già un modo di fare ammenda, non c’è sembrato di scorgere una qualche esecrazione nella dimostrazione selvaggia di gioia urlata da migliaia di bocche sdentate, di braccia levate in segno di minaccia, di donne coperte di nero, accanto alle scritte “Down America” che a Gaza e in Irak inneggiavano allo scempio dei trofei sanguinolenti della macelleria islamica.

Non è questo che ci sorprende. In qualunque guerra i morti contano più dei vivi. Se ne fa il conto alla fine d’ogni conflitto e il loro peso serve alla causa. L’Occidente non è esente da colpe. Ma alle sue deviazioni ha sempre trovato i rimedi e gli anticorpi.

Milano è stata la culla del fascismo, ma ne fu anche la tomba. Nazismo e comunismo, come crisi suprema dell’Occidente, sono caduti sotto il peso dei loro delitti e del loro fallimento storico. Il comunismo non è un’invenzione asiatica della Russia autocratica e senza filosofia. Fu esportata tra le steppe primitive e tra i servi della gleba da un raffinato filosofo tedesco, Karl Marx, di Treviri, al quale un destino compassionevole ha risparmiato di vederne i “benefici” effetti che hanno riportato indietro di un secolo la storia di mezza Europa.

All’espansione musulmana nel Medio Evo era seguito un lungo sonno neghittoso. Non c’è stata emancipazione moderna, né progresso civile, né liberazione dell’uomo (e tanto meno della donna): non s’è radicata l’idea occidentale che il nemico si deve vincere ma non squartare. Lo scempio barbaro resta la regola aurea del fondamentalismo dei tagliagole che predica la morte e odia la vita.

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1 COMMENT

  1. Istanbul con i suoi 25 milioni di abitanti è un pungiglione puntato — di nuovo — verso l’Occidente e un giorno dovremo di nuovo difenderci come a Otranto — con un papa genovese di tutt’altra tempra rispetto a questa caricatura di Francesco, Sisto IV — e allora ne vedremo delle belle. Se Venezia — e non Genova — fosse intervenuta a Otranto si sarebbe risparmiata la Lega di Cambrai. Ma chissà cosa li prese…

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