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Saharawi, tra indipendentisti e marocco riparte la guerra

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di MARIETTO CERNEAZ

Facciamo un salto all’indietro di quasi cinquant’anni. Era il 14 novembre del 1975, Franco – che morirà sei giorni dopo – decide di abbandonare al suo destino la sua colonia africana, il Sahara Occidentale, quella porzione di terra a sud-ovest del Marocco che nelle cartine geografiche viene sempre delimitata da confini tratteggiati.

Erano tempi in cui le pressioni Onu per la decolonizzazione, e le rivendicazioni dei Paesi limitrofi, erano forti. La Spagna firmò gli Accordi tripartito di Madrid con il Marocco e la Mauritania, che prevedevano un referendum per l’autodeterminazione. Ma di referendum non s’è vista nemmeno l’ombra e i due paesi  decisero di invadere il Sahara occidentale, se lo spartirono (al Marocco andrà una gran parte affacciata sul mare, alla Mauritania una piccola porzione interna) e isolarono con muri i territori conquistati, respingendo la popolazione autoctona che si rifugerà nel campo profughi di Tindouf, in Algeria.

Oggi, a 45 anni dall’Accordo di Madrid, e a 29 dall’ultimo «cessate il fuoco», i venti di  guerra hanno ricominciato a soffiare. Il Marocco e il Fronte Polisario, un movimento di ispirazione socialista che lotta per l’indipendenza del popolo Saharawi, sono di nuovo ai ferri corti per la gestione di quel territorio, il cui status è ancora incerto. Quale sarà lo scenario prossimo futuro sarà da vedere, ma questa è solo l’ultima puntata di un conflitto dal 1975, conflitto senza esclusione di colpi, soprattutto da parte dell’esercito marocchino, che come in ogni guerra sporca (e dimenticata) ha più volte fatto uso di metodi non ortodossi e della tortura.

In sintesi, I Saharawi attendono ancora il referendum sull’indipendenza del Sahara Occidentale promesso. Negli ultimi mesi hanno ripreso la sollevazione contro l’occupazione militare marocchina e l’esercito marocchino è nuovamente entrato nei territori del Sahara Occidentale.

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