Il primo ministro britannico Boris Johnson ha ribadito la sua opposizione allo svolgimento di un nuovo referendum sull’indipendenza scozzese, sostenuto dalla premier scozzese che ha auspicato di tornare nell’Unione europea.
“Nella mia esperienza, i referendum in questo paese non sono eventi particolarmente felici”, ha detto Boris Johnson alla BBC, alludendo alle profonde divisioni causate dal referendum sulla Brexit nel 2016. Per il leader conservatore, i referendum dovrebbero essere consentiti solo “una volta per generazione”.
Solo un mese fa, la premier scozzese aveva ribadito che i suoi concittadini hanno il diritto di esprimersi in un nuovo referendum sull’indipendenza. La first minister, Nicola Sturgeon, lo disse nel suo intervento di apertura al congresso dello Scottish National Party, rilanciando un tema che sicuramente dominerà le prossime elezioni che si terranno a maggio per il rinnovo del Parlamento scozzese.
“Gli scozzesi hanno il diritto di scegliere il proprio futuro”, ha affermato la Sturgeon, sostenendo che “l’indipnendenza è alla nostra portata e se mostreremo unità di intenti, umiltà e duro lavoro, non sono mai stata così certa che la otterremo”. Ma Jhonson ha chiuso loro le porte, almeno per ora.
Al grido di “siamo europeisti”, ma con l’intento di separarsi, anche Galles, Gibilterra ed Irlanda del Nord hanno fatto sentire la loro voce.
Un referendum per generazione, certo, come se le generazioni avessero una cadenza fissa. Se un parlamento ha una durata, il risultato di un referendum deve avere pari portata temporale. Altrimenti, per coerenza, eleggiamo una Camera dei Comuni per “ogni generazione”. Così con il calo delle nascite ci teniamo gli stessi labouristi e gli stessi conservatori per circa cinque decenni. Ce lo immaginiamo un cinquantennio governati da Tony Benn? Tanto vale avere subito Raoul Castro, almeno si presume che muoia durante il mandato.