Domani, 14 febbraio, la Catalogna torna a votare per eleggere il Parlamento regionale dopo 3 anni e qualche mese dall’”autunno caldo” del 2017. Come si ricorderà in quella stagione la Catalogna è stata al centro dell’attenzione mondiale. Il governo e il Parlamento della Comunità autonoma, in mano alle forze indipendentiste guidate da Carles Puigdemont, compirono uno “strappo” per secedere dalla Spagna, promuovendo un referendum per l’indipendenza che si svolse l’1 ottobre.
La pandemia e non solo dovrebbero influire sui pronostici delle elezioni, che sono incerti. Da quando il ministro della Sanità spagnolo Salvador Illa si è dimesso per candidarsi con i socialisti regionali, i sondaggi avrebbero segnalato un indebolimento del fronte indipendentista. La mossa del premier Pedro Sánchez per recuperare terreno nella comunità autonoma più complicata sta sortendo l’effetto sperato: il suo candidato è dato primo al 22%. Ma comunque non basterebbe per governare e a poco servirebbero i voti di alleati come Podemos.
I socialisti devono sperare che i partiti indipendentisti non raggiungano i voti sufficienti per replicare l’attuale alleanza, formata da Junts x Catalunya, la formazione di Carles Puigdemont, data al 20% nei sondaggi, ed Esquerra Republicana (Erc), al 21%. Se dovesse accadere, Sánchez spera che Erc appoggi un governo socialista, come accaduto a Madrid a fine dicembre, quando hanno appoggiato la manovra di bilancio.