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Da un esperimento immaginario ad uno reale: tutto in un libro

Da leggere

di LEONARDO FACCO

Grazie all’editore “Tramedoro”, pubblichiamo in anteprima esclusiva l’introduzione al mio nuovo libro, IL VIRUS RIVOLUZIONARIO, che accompagna L’ESPERIMENTO, il romanzo di fantapolitica scritto da Giulio Rupi. (clicca qui per prenotarlo scontato)

«… non mi sarei mai immaginato che il suo interesse fosse tale da averlo indotto a impiegare per mesi tutte le sue energie e quelle del suo Dipartimento in un colossale esperimento che in contemporanea con le nostre conversazioni si stava svolgendo a mia totale insaputa e a pochi passi da noi». (L’Esperimento)

Quando nel lontano 2001 lessi il lavoro di Giulio Rupi, un ingegnere civile dalla penna sagace, mi affrettai a scrivere sulla prima pagina bianca del libro originale, che conservo gelosamente nella mia personale biblioteca, queste parole: “Davvero molto bello! Ottimo per divulgare idee importanti”.

Una volta scorsa l’ultima parola dell’ultima frase dell’ultima pagina, ho posato il volumetto sulla scrivania, ho contattato l’autore e mi sono immediatamente accordato con lui per acquistare un centinaio di copie del suo romanzo, che avevo deciso meritasse di essere conosciuto anche dai clienti della mia piccola casa editrice, certo che avrebbero apprezzato – tra un saggio e l’altro – un racconto di fantapolitica in cui si ricordasse che la libertà è sempre ad un passo dall’essere perduta.

Da quel giorno sono passati vent’anni esatti, eppure mai avrei pensato che un paio di decadi dopo “L’Esperimento” (libro introvabile, il cui autore è purtroppo scomparso e il cui editore non esiste più da anni) sarebbe tornato di estrema attualità, e non solo per il titolo che porta in copertina, ma soprattutto per il sottotitolo che recita, semplicemente, “racconto di fantapolitica”.

Ho buone ragioni per pensare che stiamo vivendo il più incredibile “Esperimento” socio-economico-politico della storia dell’umanità.

Tutti voi avrete sentito parlare di distopie, ne sono certo. Ma sono anche convinto che fino a quando non è apparso, ufficialmente il 31 dicembre 2019 a Wuhan, un virus influenzale denominato “Sars Cov-2” (molto probabilmente una chimera, sicuramente giunto dalla diabolica e tirannica Cina comunista, diventato celebre come malattia col nome di “Covid 19” e che ha trasformato le nostre “normali” vite in una specie di incubo), tutti quanti voi, chiacchierando con un amico, alla parola distopia avreste associato qualche film di cassetta tipo “Matrix” o “Minority Report”, oppure ancora “L’esercito delle dodici scimmie”, ricordando al vostro interlocutore quanto fosse stato piacevole gustarvi quei lungometraggi con in mano popcorn e Coca Cola, comodamente seduti su una poltronissima di una qualche multisala.  Dentro ad un centro commerciale ovviamente.

In alternativa, anziché uno o due cinema, avreste citato qualche libro tipo “1984” di George Orwell, o “Brave New World” di Aldous Huxley, oppure ancora “Io Robot” di quel genio che è stato Isaac Asimov. Insomma, se proprio di cacotopia benthamiana dovevate conversare con qualcuno, nessuno di voi avrebbe pensato al presente in cui siamo immersi, ma ad un macabro futuro in cui un qualche despota nazicomunista, coi poteri di Thanos, si sarebbe reincarnato sulla terra, magari arrivando da Vega, e ci avrebbe sterminato tutti.

Distopia, ma a che ci riferiamo esattamente? Ad oggi, enciclopedicamente parlando, l’abbiamo sempre considerata come la rappresentazione di una realtà immaginaria, poco piacevole certo, ciononostante prevedibile, qualora la cosiddetta classe dirigente si fosse comportata in maniera scriteriata, irrazionale e tirannica. Pensateci bene: quante volte, sulla scorta di tendenze economiche, sociali e politiche del presente, percepite come altamente negative, ci siamo spesso esercitati nell’elucubrare scenari apocalittici in cui viene rappresentata un’esperienza di vita indesiderabile, spaventosa, autocratica, totalitaria, illiberale, liberticida? Non di rado. Lo ha fatto anche chi abita in Italia, figuratevi chi, come il sottoscritto, ha vissuto in Venezuela. Stando a Caracas ho imparato sulla mia pelle, e su quella della mia famiglia, che non c’è rivoluzione marxista che non chieda sangue, anche quando la “revolución” ve la spacciano per “pacifica y democratica”.

La reclusione obbligatoria e massiccia, senza uno scopo specifico, con strade e attività commerciali vuote, ha fornito un ambiente ideale ai “rivoluzionari” per saccheggiare e distruggere tutto sul loro cammino. Le immagini delle violente rivolte che ci sono giunte dagli Stati Uniti mi han portato alla mente la Rivoluzione francese, la Comune di Parigi, la Rivoluzione d’ottobre e l’usurpazione del potere da parte del Partito Comunista Cinese, quando governava il Partito Nazionalista.

Leggendo questo libro, grazie a Giulio Rupi, avete scoperto che accade anche quando la “rivoluzione” la fanno i “biechisti” contro “i bottegai”; proseguendo con la lettura vi convincerò che succede anche quando ve la impongono come “sanitaria”. In entrambi i casi, siamo comunque nel solco del “benecomunismo”.

Al contrario dei lidi paradisiaci a cui si richiama invece l’utopia, la distopia incarna un’ipotetica società, o un improbabile mondo, caratterizzati da alcune regole opprimenti, antidemocratiche, spesso in concomitanza, o come conseguenza, di condizioni ambientali e/o tecnologiche pericolose, che sono state portate al loro limite estremo.

Scenari orripilanti, no? Anche solo a pensarci la pelle si accappona. Chi mai vorrebbe vivere in una città distopica (ricordo che la pellicola era ambientata nell’anno 2019, sigh) tipo quella di “Blade Runner”? Oppure in una “Dark city” perennemente oscurata dalle tenebre? O, e adesso esagero proprio, in una Milano totalmente deserta dove sono aperte solo farmacie, tabaccai e supermercati, ma per acquistare qualcosa devi avere un’autorizzazione e accodarti in una lunga fila per ritirare la razione di cibo settimanale, come succede ad alcuni miei conoscenti a Caracas? Sono certo, che considereremmo tutto ciò un macabro esperimento!

Esperi… cosa? Ops, l’ho detto: un esperimento! A questo punto, mi corre l’obbligo di provare a darvi qualche spiegazione.

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