Ho già avuto modo di commentare le proposte di cancellazione o sterilizzazione del debito pubblico che le banche centrali stanno accumulando a dosi crescenti da quando hanno iniziato il quantitative easing. Tra i fautori di questo provvedimento c’è Leonardo Becchetti, il quale, tornando sull’argomento, scrive:
- “Oggi molti commentatori stanno via via riconoscendo che, senza dichiararlo pubblicamente, le banche centrali stanno cancellando (sterilizzando) di fatto porzioni importanti del debito pubblico dei Paesi (mediamente un quarto del debito totale a livello mondiale)… Scegliere questa via è infatti inevitabile per mantenere l’attuale situazione di tassi zero o negativi sui mercati, evitare che la pandemia generi effetti insostenibili sulle generazioni future e distorsioni sullo stimolo alla ripresa. Le modalità con cui le banche centrali stanno realizzando questo obiettivo, come è noto, è acquistare sul secondario titoli di debito pubblico dei Paesi, restituire ai Paesi stessi i guadagni da interesse e riacquistare a scadenza lo stesso ammontare di titoli.”
In effetti, come già avevo notato in passato, cancellare il debito o perpetuarne la quota detenuta dalla banca centrale, magari acquistando titoli a lunghissima scadenza e senza cedole, sono azioni diverse nella forma ma dalla sostanza pressoché identica. Continua Becchetti:
- “Le banche centrali sono senza dubbio l’attore più potente e importante del sistema economico. La loro forza è direttamente correlata alla reputazione e alla capacità di evitare l’unica cosa che devono temere: una spirale inflazionistica o un crollo del tasso di cambio. La qualità della loro azione futura dipenderà dalla capacità di manovrare, evitando questi rischi estremi senza per questo restare paralizzate senza saper sfruttare le enormi potenzialità degli strumenti che hanno a disposizione per rispondere alle sfide dei nostri tempi.”
Bisognerebbe chiedersi se non ci sia nulla da obiettare in merito alla “capacità di manovrare” sin qui dimostrata, dato che i problemi sono solo stati rimandati, ingigantendoli. Becchetti ammette che esistono obiezioni:
- “Le due obiezioni principali al nuovo corso sono appunto il timore del risveglio dell’inflazione e l’azzardo morale, ovvero il rischio che le politiche monetarie generose allentino la vigilanza contro gli sprechi delle risorse pubbliche. Sul primo punto va ricordato che le banche centrali hanno una molteplicità di strumenti per fronteggiare il pericolo inflazionistico (incluse le politiche sulle riserve obbligatorie) e che l’incremento delle politiche di sterilizzazione e quasi cancellazione aumenta – e non diminuisce – le loro munizioni per eventuali politiche di mercato aperto per assorbire base monetaria. Sull’azzardo morale la storia di Next Generation Eu è esemplare nell’illustrare come si può aumentare la disponibilità di risorse, condizionandola a regole severe per il loro utilizzo.”
Sul primo punto credo vada ricordato che l’inflazione sugli asset finanziari è già enorme, e che ogni timido tentativo di riduzione degli stimoli monetari ha finora generato scossoni sui mercati tali da far fare retromarcia alle banche centrali, Fed in primis.
Sul secondo punto, credo sia quanto meno prematuro esprimete un giudizio sulla capacità di Next Generation Eu di limitare l’azzardo morale, dato che finora non è stato erogato un solo euro, ma i tossici da spesa pubblica si comportano come se si trattasse dell’inizio della fine permanente ai vincoli di bilancio. Conclude Becchetti:
- “Quel che è certo è che, ormai da tempo, le banche centrali hanno abbandonato il ruolo unico di vestali della stabilità monetaria per assumere anche altri compiti e valutare attentamente l’effetto delle loro scelte sull’attività economica e la stabilità dei mercati finanziari (e si intravede all’orizzonte, come sottolineato, un nuovo ruolo in materia di sostegno alla transizione ecologica). Da un grande potere, d’altronde, derivano grandi responsabilità.”
Per chi crede che il processo di progressiva socialistizzazione dell’Unione europea sia da accogliere con giubilo, l’incremento delle forme di controllo sull’economia da parte delle banche centrali è un fattore positivo.
Al contrario, io credo che la sostituzione della pianificazione centralizzata all’azione decentralizzata e volontaria degli attori di mercato sia foriera non solo di compressione della libertà, ma anche, purtroppo, di nuovi problemi economici, dato che nessuno è onnisciente. La storia, almeno questo, dovrebbe averlo insegnato.
In questo patto scellerato Stati – Banche (indipendenti?!) ci aveva visto lungo il garrulo Fassino: “abbiamo una banca?!