di MATTEO CORSINI
La nuova parola d’ordine degli autoproclamatisi progressisti pare esser diventata la rimozione dei brevetti relativi ai vaccini anti Covid-19. Dopo che Joe Biden ha rilanciato l’idea, in Italia sono in tanti a essersi accodati. Dal M5S, Luigi Di Maio va al raddoppio:
- “Il M5s sta facendo una grande battaglia sulla liberalizzazione dei vaccini ma quando avremo liberalizzato i brevetti, e speriamo di farlo in vista del Global Health Summit che ospiteremo a Roma, noi dovremo liberalizzare anche la proprietà intellettuale dei macchinari per produrli altrimenti saremo punto e a capo.”
Premesso che non mi pare che sia appropriato parlare di liberalizzazione, quello della tutela della proprietà intellettuale è indubbiamente un argomento molto dibattuto, anche in ambienti libertari.
La faciloneria con la quale si proclama che la soluzione consista nel rimuovere la tutela alla proprietà intellettuale spacciando il tutto per liberalizzazione è però imbarazzante, a mio parere. Per carità, in queste specialità il M5S è ancora molto più in alto in classifica nel panorama politico italiano rispetto all’andamento dei consensi dopo le elezioni politiche del 2018.
Però l’idea che debba sparire il profitto o che siano i governi a stabilire a quanto lo stesso debba ammontare, sa di ricetta che non ha mai funzionato: si chiama socialismo, altro che liberalizzazioni.
Siamo alla solita morale bifronte: lo Stato ti spinge ad investire risorse nella ricerca di un nuovo prodotto inventandosi una “licenza”, poi ti autorizza a difendere proprietà individuale e brevetti dall’uso abusivo di chiunque. Infine, a suo insindacabile capriccio, cambia idea “per il bene comune”. E rimedia ad un errore con un altro errore.