di MATTEO CORSINI
Ospite del Forum European House Ambrosetti di Cernobbio, Joseph Stiglitz ha risposto ad alcune domande sulla finanza pubblica. La sintesi, che in Italia piace tanto, è che “nel rapporto tra debito e Pil bisogna aumentare il denominatore e non ridurre il numeratore.”
Musica per le orecchi di coloro che si riempiono la bocca di moltiplicatori stellari; se lo sostiene un premio Nobel, sarà davvero così.
Secondo Stiglitz, che lo dice riferendosi agli Stati Uniti ma poi estende il concetto anche all’Italia, “il ritorno previsto sugli investimenti pubblici è alto. Certo: dev’esserci una valida gestione di debito e interventi programmati. Se gli investimenti su infrastrutture, ricerca o educazione sono amministrati bene il Pil sale. E il rapporto con il debito cala. Il rialzo del debito pubblico si gestisce con la crescita.”
Come è noto, il diavolo si nasconde nei particolari, e qui ce ne sono almeno due.
In primo luogo, il “ritorno previsto” è, per l’appunto, previsto. E non occorre essere il Magnifico per sapere che del domani non v’è certezza. Questo riguarda tutti gli investimenti, ma se la decisione riguarda investimenti privati le conseguenze degli errori di previsione non ricadono sui pagatori di tasse, a differenza che nel caso degli investimenti pubblici. Questo determina un incentivo da parte dei previsori pubblici a essere particolarmente ottimisti quando si tratta di prevedere il ritorno di un investimento di cui si vuole ottenere il finanziamento.
In secondo luogo, Stiglitz pone la condizione che gli investimenti siano “amministrati bene”. Considerazione scontata, ma la cui concretizzazione non lo è affatto, soprattutto nel caso degli investimenti pubblici.
In generale, ancora prima della pandemia i debiti pubblici erano quasi ovunque in aumento, non solo in valore assoluto, ma anche in rapporto al Pil. Evidentemente le previsioni spesso si sono rivelate fallaci, e l’amministrazione non è stata impeccabile.
Ciò nonostante, i moltiplicatori (ex ante) di pani e pesci continuano a sostenere che le cose andranno bene alla prossima occasione. Poi però i debiti continuano ad aumentare, ma è sempre per qualche altro motivo, a sentire costoro. Il tutto con una perseveranza che a me pare più che diabolica.
E, dulcis in fundo, dimentica pure che, essendo la spesa pubblica compresa nel PIL, è facile far risultare un aumento (al momento della spesa, poi sono dolori).