di MATTEO CORSINI
La pressione suppongo che sia stata notevole. Fatto sta che Irlanda ed Estonia si sono “convinte” ad apoggiare la global mimimun corporate tax al 15%. Il ministro dell’Economia irlandese, Pascal Donohoe, ha parlato di “decisione pragmatica“. Un chiaro segnale di quanto ho sostenuto poc’anzi.
Danhoe afferma che la Commissione europea “ha garantito anche che la direttiva sarà fedele all’intesa e non andrà oltre il consenso internazionale.” Come no: come quando si apre una falla in un argine, qualcuno può credere che non sia destinata a ingrandirsi. Purtroppo i fatti tendono a rivelare quanto sia illusorio tale punto di vista.
Basti pensare al giubilo di Janet Yellen, segretario al Tesoro Usa e promotrice della mimumum tax:
- “L’accordo rappresenta un traguardo irripetibile per la diplomazia economica. Abbiamo trasformato instancabili negoziati in decenni di maggiore prosperità, sia per l’America che per il mondo… è una vittoria per le famiglie americane, che trarranno beneficio dalle entrate che saranno generate da questo accordo, che serviranno per pagare infrastrutture, servizi per bambini ed energia pulita; è una vittoria per le imprese americane, che non dovranno più competere su un terreno di gioco internazionale contro di loro; è una vittoria per la comunità aziendale internazionale, che avrà un ambiente più stabile e certo, con meno dispute su commercio e tasse; è una vittoria per i componenti del Congresso, che hanno presentato le loro proposte per la riforma fiscale internazionale. Questo dà il via libera al Congresso per mettere in atto queste proposte e spero che lo facciano velocemente.”
Che sia una vittoria per i tassatori e i consumatori di tasse non ne dubito. La logica e il buon senso mi fanno però pensare che se le tasse aumentano non può essere una vittoria per tutti, né che, almeno in parte, questa tassazione non sia traslata sui consumatori. La tassazione non può mai essere un evento win-win.