di MATTEO CORSINI
In un articolo che getta uno sguardo sul 2022, Joseph Stiglitz afferma, tra le altre cose:
- “Il sistema dei prezzi può offrire una guida affidabile per le decisioni marginali – l’economia ha bisogno di un po’ più di questo, un po’ meno di quello – ma non va bene per gestire le grandi trasformazioni strutturali come il passaggio dall’agricoltura alla manifattura, dalla manifattura ai servizi e dalla pace alla guerra (o viceversa). Stiamo già incontrando una serie di intoppi, e potrebbero benissimo insorgerne altri. Dobbiamo prepararci a un grande cambiamento nei modelli di produzione e di consumo: più incontri su Zoom ed e-commerce, meno acquisti di persona nei negozi fisici. Potrebbe calare la domanda degli immobili commerciali, e aumentare invece in altri ambiti del settore immobiliare.”
Se qualcuno cercasse delle spiegazioni a supporto di quanto appena riportato, non le troverebbe nella restante parte dell’articolo. In sostanza, secondo Stiglitz il sistema dei prezzi può andare bene a livello micro, ma non a livello macro. Il perché non è dato sapere, ma suppongo che il problema sia che un ordine spontaneo non va bene quando non dà gli esiti ritenuti opportuni da Stiglitz. Più avanti, con riferimento all’andamento dei prezzi, Stiglitz scrive:
- “Gli aumenti dei prezzi derivanti dalla scarsità di beni tendono a essere sproporzionatamente superiori alla loro diminuzione per effetto delle eccedenze, il che sottintende un rischio d’inflazione, di cui verrà incolpato chiunque si trovi al potere. Il problema è che, mentre sappiamo come controllare l’inflazione quando nasce da un eccesso di domanda, quello che stiamo vivendo ora è diverso. Nel contesto attuale, l’incremento dei tassi di interesse aumenterà la disoccupazione più di quanto frenerà l’inflazione, dando ai lavoratori un motivo di preoccupazione in più.”
Pare che per Stiglitz l’effetto combinato di politiche monetarie e fiscali ultraespansive non abbia alcun ruolo nell’andamento dei prezzi. Anzi, a suo parere l’allarme deriverebbe dal venir meno degli effetti degli stimoli fiscali.
- “Altrettanto allarmante è che la riduzione dell’effetto delle prime misure fiscali adottate nel mondo per mitigare l’impatto economico della pandemia potrebbe provocare un rallentamento della crescita.”
Evidentemente non gli sorge il dubbio che qualcosa non funzioni se la crescita dipende dal mantenimento di stimoli fiscali e monetari che generano un multiplo di debito per ogni unità aggiuntiva di Pil, come avviene da anni, con preoccupante accelerazione dall’inizio della pandemia. E’ proprio vero che non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.
P. S.: Per Stiglitz pare che i rischi all’orizzonte siano l’eventuale vittoria dei repubblicani alle elezioni di midterm del prossimo anno e le tensioni tra Stati Uniti e Cina.
La disoccupazione che aumenta perché frena l’inflazione è la classica bufala dei keynesiani. Se l’inflazione frena e un prodotto mi costa di meno, con quello che risparmio posso assumere un collaboratore. Dove lo vede Stiglitz l’aumento dei tassi di interesse se le banche centrali fanno di tutto per ridurlo? Comunque ritengo preferibile che i repubblicani non vincano le votazioni di mezzo termine (sperando che un giorno Congresso e Senato le aboliscano). Meglio che i democratici si illudano e che sprofondino due anni dopo sia alle presidenziali che alle parlamentari.