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Cina, sempre più tirannica e comunista contro Hong Kong

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di REDAZIONE

Hong Kong avrà una sua normativa con nuovi crimini sulla sicurezza nazionale, in aggiunta alla legge imposta alla fine di giugno del 2020 dalla Cina per reprimere il dissenso dopo le proteste di massa del 2019.

Lo ha ufficializzato la governatrice Carrie Lam (foto), presiedendo la prima sessione del Consiglio legislativo (parlamentino locale), rinnovato a dicembre con il voto per i “soli patrioti” e senza opposizione pro democrazia. Lam, confermando le indiscrezioni, ha detto che la “legislazione locale” soddisferà l’articolo 23 della Costituzione locale che chiede alla città di approvare le proprie leggi sulla sicurezza nazionale.

L’attuale legge in merito vieta i reati di secessione, sovversione, terrorismo e collusione con forze straniere, prevedendo anche il carcere a vita, ma la governatrice, nel suo intervento, non ha delineato quali sarebbero stati i possibili nuovi reati.

La casistica elencata dall’articolo 23 include tradimento, secessione, sedizione, sovversione contro il governo centrale di Pechino, nonché il furto di segreti di Stato e il divieto a carico di qualsiasi organizzazione politica straniera di condurre attività a Hong Kong o quello per le organizzazioni politiche locali di stabilire legami con organi politici all’estero.

I tentativi passati di procedere all’attuazione dell’articolo e al varo della legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong hanno visto forti proteste nell’ex colonia britannica, in particolare nel 2003. Nel 2020, in risposta alle proteste di massa antigovernative del 2019, l’Assemblea nazionale del popolo, il parlamento di Pechino, decise di prendere l’iniziativa, imponendo la legge sulla sicurezza nazionale ai sensi dell’articolo 18 della Costituzione della città.

La legge non avrà difficoltà a passare questa volta visto che le opposizioni nel nuovo Parlamento sono inesistenti.

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