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Da Bakunin sono passato a Stirner e ad una visione individualistica

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di FABRIZIO DE ANDRE’

“Direi d’essere un libertario, una persona estremamente tollerante. Spero perciò d’essere considerato degno di poter appartenere ad un consesso civile perché, a mio avviso, la tolleranza è il primo sintomo della civiltà, deriva dal libertarismo. Se poi anarchico l’hanno fatto diventare un termine negativo, addirittura orrendo… anarchico vuol dire senza governo, anarche… con questo alfa privativo, fottutissimo… vuol dire semplicemente che uno pensa di essere abbastanza civile per riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia (visto che l’ha in se stesso), le sue stesse capacità. Mi pare così vada intesa la vera democrazia. […] Ritengo che l’anarchismo sia un perfezionamento della democrazia. Tutti gli anarchici seri la pensano così. Sono quelli che non sono anarchici che invece la fanno pensare diversamente.

Qualche mio collega sostiene che io sia un falso proletario. Proletario io? Né falso, né vero. A parte che spesso mi sono trovato in bolletta, perché non c’è gusto migliore che spendere i propri soldi, per bagordare e viaggiare con gli amici. E d’altronde quella di proletario è pur sempre un’etichetta, sicché la rifiuterei in ogni caso, come tutte le altre etichette che via via hanno provato ad appiccicarmi addosso – di comunista, di democristiano, di socialista, di borghese, perfino di fascista. Se sono, “più modestamente”, un anarchico è perché l’anarchia, prima ancora che un’appartenenza, è un modo di essere […].

[…]  Intanto, da Bakunin ero passato a Stirner, e da una visione collettivistica ne scoprii una individualistica: dopo tutto, ci vuole troppo tempo a trovare gente con la quale vivere le mie idee, e così me le vivo da solo.

Aspetterò […] finché la signora Libertà e la signorina Anarchia verranno considerate dalla maggioranza dei miei simili come la migliore forma possibile di convivenza civile, non dimenticando che in Europa, ancora verso la metà del Settecento, le istituzioni repubblicane erano considerate utopia.”

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6 COMMENTS

  1. Da notare anche la candida ingenuità di Faber che, in un epoca (anni 70) in cui – gente ad es. come Carla Bruni si trasferiva all’estero proprio per timore dei sequestri – il Nostro, infarcito di teorie strane e devastato da anni di eroina di pessima qualità, si trasferiva invece proprio nella tana del lupo, quasi a volere semplificargli il lavoro.

    Grande cantautore Faber, ma come buonsenso Bartali avrebbe detto: “tutto sbagliato, tutto da rifare”.

  2. “…uno pensa di essere abbastanza civile per riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia (visto che l’ha in se stesso), le sue stesse capacità…”

    Chissà se Faber – quando è stato all’Hotel Supramonte – pensava le stesse cose anche dei subumani che lo “ospitavano”.

      • Ed è anche interessante sottolineare che Faber non ha più scritto dopo il 79 (un caso?) frasi come: “Spesso gli sbirri e i carabinieri al proprio dovere vengono meno” o “Di respirare la stessa aria di un secondino non mi va”.

        Si nasce incendiari e si muore pompieri.

      • Scusa Leonardo, ma perché usi un eufemismo come “demenziale”? Attribuire genericamente agli altri alcune capacità non significa ignorare che ci sia un uno per mille che queste capacità non le possiede. Non significa neanche che chi è cosciente di ciò non preveda una possibilità di difesa armata, proprio contro i titolari di illeciti alberghi come quello “supramontiano”. La pseudoriflessione dell’anonimo “evarista” non è semplicemente demenziale; è anche la classica espressione del perfetto deficiente che appartiene di diritto al già citato uno per mille.

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