di FRANCO CAGLIANI
Solženicyn fu fin dal principio un grande narratore, un romanziere in cui si davano appuntamento i talenti di predecessori come Gogol’, Dovstoevskij, Tolstoj (stessa cosa succedeva in Pasternak, seppur in tutt’altro modo). Aveva ragione Cristina Campo quando dichiarò a metà degli anni ’70 “oggi Solženicyn è qualcosa che ti fa piegare le ginocchia”.
Ciò che, purtroppo, succede però è che la sua opera pare essere confinata al mero interesse storico, memorialistico, di testimonianza. Invece, lui che il comunismo lo ha provato sulla sua pelle, è bene ricordare certe sue parole, specialmente oggi che quell’utopia insana e criminale è nuovamente di moda. Scrisse:
- «C’è una parola che si usa molto oggi: “anticomunismo”. È una parola molto stupida e mal composta perché dà l’impressione che il comunismo sia qualche cosa di primitivo, di basico, di fondamentale. E così, prendendolo come punto di partenza, anticomunismo è definito in relazione a comunismo. Per questo affermo che la parola è stata mal scelta e fu composta da gente che non conosceva l’etimologia: il concetto primario, eterno, è Umanità. Ed il comunismo è anti-Umanità. Chi dice “anti-comunismo”, in realtà sta dicendo anti-anti-Umanità. Un costrutto molto misero. Sarebbe come dire: ciò che è contro il comunismo è a favore dell’Umanità. Non accettare, rifiutare questa ideologia comunista, inumana, è semplicemente essere un essere umano. Non è essere membro di un partito».
Ecco perchè Aleksandr Solženicyn non solo va omaggiato, ma continuamente citato e ricordato.