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Lo Stato non tutela le libertà individuali

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di MATTEO CORSINI

Nella sentenza con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum che mirava a consentire agli individui di farsi aiutare a porre volontariamente fine alla propria vita, si legge, tra le altre cose, che la vittoria del Sì avrebbe decretato la piena disponibilità della vita da parte di chiunque è nelle condizioni di prestare un valido consenso alla propria morte.

Ma secondo la Corte, “quando viene in rilievo il bene della vita umana, la libertà di autodeterminazione non può mai prevalere incondizionatamente sulle ragioni di tutela del medesimo bene, risultando, al contrario, sempre costituzionalmente necessario un bilanciamento che assicuri una sua tutela minima”.

Un individuo può ritenere, per esempio per motivi religiosi, che nessuno debba porre fine alla propria vita, men che meno aiutare altri individui capaci di intendere e di volere a farlo, anche in casi di malattie incurabili che costringono una persona immobile a letto con grandi sofferenze.

Ritengo tuttavia che sia grave che lo Stato pretenda di non lasciare la piena disponibilità della vita a un individuo che sia “nelle condizioni di prestare un valido consenso”. Se l’ultima parola sulla vita di un individuo capace di intendere e di volere spetta allo Stato, significa in ultima analisi che è allo Stato che quella vita appartiene. Il che rende vuoto il termine libertà.

E che lo Stato pretenda di disporre della vita delle persone non è una novità: in altre epoche (e oggi a qualche migliaio di chilometri dall’Italia) ha imposto agli uomini di combattere, negando loro la libertà di non farlo.

Come vi sia ancora tanta gente convinta che lo Stato tuteli la libertà individuale a me resta incomprensibile.

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