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Gli incentivi sono come i pasti: non ne esistono di gratuiti

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di MATTEO CORSINI

Intervistato da Repubblica, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso promette nuovi incentivi per auto elettriche e maggiore diffusione delle colonnine di ricarica. Ovviamente le risorse “ci sono”.

Il nobile obiettivo è “supportare la riconversione e il consolidamento della filiera nazionale automotive per garantirne la sostenibilità ambientale, così come quella economica e sociale.” Potrebbe diventare il nuovo auspicio espresso dalle aspiranti alla vittoria di Miss Italia, forse davanti perfino alla pace nel mondo.

Il tutto in barba al fatto che, allo stato attuale, è assai arduo ipotizzare che la riconversione all’elettrico consentirà di occupare tutte le persone, indotto incluso, che oggi occupa l’automotive. Servirebbero incrementi di volumi di produzione che fanno a pugni con il fatto che la domanda per quelle vetture non è paragonabile a quella per auto con motore a combustione interna. In parte per via dei gusti degli automobilisti; in parte per i prezzi inaccessibili a molti di essi.

Urso ne è consapevole, quindi afferma che “bisogna rendere l’auto elettrica più accessibile”. Ma niente paura: si può ricorrere agli incentivi. D’altra parte, ricorda Urso, “ci sono fondi per complessivi 14 miliardi tra risorse nazionali, Pnrr e Ipcei fino al 2030”, oltre a 8,7 miliardi di un fondo stanziato dal precedente governo.

Ora, il problema è che, senza incentivi, le auto elettriche restano per lo più un prodotto di nicchia, a prescindere dai gusti degli automobilisti. Ma gli incentivi non possono, per definizione, essere rivolti a un mercato di massa, se non per brevi periodi, per ovvi motivi di sostenibilità di conti pubblici già scassati. Il tutto ricordando che gli incentivi non sono pasti gratis: chi non ne beneficia ne sostiene comunque l’onere, con il molto probabile risultato di essere una redistribuzione regressiva.

Meno male che, assicura il ministro, “non abbiamo una visione ideologica e difendiamo il principio della neutralità tecnologica. Riteniamo necessaria la clausola di revisione al 2026.” Magra consolazione.

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