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Nessun debito crea risorse, ma i parassiti pensano solo a redistribuire i soldi degli altri

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di MATTEO CORSINI

Nel consueto editoriale domenicale sul Sole 24 Ore, Sergio Fabbrini ribadisce per l’ennesima volta che l’Unione europea dovrebbe dotarsi di una autonoma capacità fiscale. Ovviamente non specifica che si tratterebbe di caricare ulteriori oneri sui pagatori di tasse continentali presenti e futuri, come sempre accade quando c’è redistribuzione a mezzo di politiche fiscali.

A leggere certi passaggi, pare fino che l’Ue possa creare ricchezza reale dal nulla. Fabbrini parte parlando delle crisi che l’Ue ha attraversato nell’ultimo decennio, sostenendo che le stesse “non sono tutte uguali. Vi sono crisi (le più comuni) che consistono nella messa in discussione di un equilibrio di forze all’interno di una struttura (che rimane invariata) di politica pubblica o di sviluppo economico. Vi sono crisi (le più rare) che consistono, invece, nella messa in discussione di quella doppia struttura. Chiamo le prime come crisi “distributive” (o redistributive), le seconde come crisi “costitutive” (o strutturali).

La crisi dei debiti sovrani e la crisi migratoria sono state crisi distributive, in quanto hanno contrapposto gli stati membri dell’Unione europea (Ue) relativamente a chi dovesse farsene carico. La crisi dei debiti sovrani ha contrapposto gli stati del nord e del sud dell’Eurozona (relativamente alle politiche di risanamento o austerità), la crisi migratoria gli stati dell’ovest e dell’est (relativamente alla redistribuzione dei rifugiati). In entrambi i casi, si è manifestato un contrasto distributivo tra stati, all’interno di un predominante modello di politica pubblica.”

Ma ecco che “quando è esplosa la crisi pandemica, l’insoddisfacente soluzione redistributiva fornita (in particolare) alla crisi dei debiti sovrani ha obbligato l’Ue a rivedere quel modello di politica pubblica. Infatti, la soluzione redistributiva della crisi dei debiti sovrani, favorendo i Paesi creditori del nord, aveva condotto alla rivolta populista nei Paesi debitori del sud, rivolta che aveva delegittimato il principio ispiratore di quel modello (secondo cui spetta al singolo stato rispondere alla crisi). Di qui, la scelta di ricorrere (con Next Generation Eu) a una responsabilità collettiva, e non più dei singoli stati, creando debito comune per sostenere la ripresa e la resilienza post-pandemica di questi ultimi. Per prevenire un conflitto redistributivo sulle risorse esistenti, dunque, si sono create nuove risorse (garantite dall’Ue e da tutti i suoi stati membri).”

Per come la mette Fabbrini, sembra che fosse un diritto dei Paesi che avevano accumulato più debito pubblico ricevere aiuto da quelli che ne avevano accumulato meno. Il fatto è che l’accumulazione di quei debiti non era dovuta a una successione di eventi sfortunati, bensì a politiche dissennate. Se già è una violazione del principio di non aggressione far ricadere gli oneri di tali politiche sui pagatori di tasse domestici, non lo è certo di meno estendere l’onere ai pagatori di tasse degli altri Paesi.

Ciò detto, il passaggio più interessante è quello relativo al Next Generation Eu, dove la creazione di debito comune è identificata con la creazione di nuove risorse.

In realtà nessun debito crea risorse, semplicemente le prende a prestito. I prestiti possono poi essere alimentati da risparmi reali (risorse generate in precedenza e non consumate) oppure finanziati in tutto o in parte da creazione di moneta dal nulla. Anche in questo caso, tuttavia, non sono state create risorse reali, ma si è messa in atto una redistribuzione di quelle esistenti.

Quanto agli oneri del debito, quando il debito è pubblico ricadono sui pagatori di tasse, il che crea un ulteriore elemento di redistribuzione. Come ho accennato sopra, che questa redistribuzione avvenga a livello continentale invece che nazionale non migliora le cose.  Lungi dall’essere “costitutiva”, quindi, anche la crisi pandemica ha trovato una soluzione (ammesso che sia tale) redistributiva.

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