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Senza la Sturgeon l’indipendentismo scozzese è in cerca di un leader

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di REDAZIONE

La premier scozzese Nicola Sturgeon ha rassegnato le sue dimissioni nel corso di una conferenza stampa convocata mercoledì scorso alla sua residenza nella Bute House di Edimburgo. Resterà in carica fino a quando sarà stato trovato un successore. “Il momento giusto è ora”, la decisione “è frutto di una lunga riflessione e non legata ad eventi recenti”, ha spiegato, dicendosi sottoposta a una forte pressione.

In carica dal 2014, quando subentrò allo storico leader indipendentista Alex Salmond dopo la sconfitta nel referendum sulla secessione della Scozia dal Regno Unito, la 52enne Sturgeon è rimasta incontrastata per 8 anni al vertice dei nazionalisti-progressisti e si è battuta senza successo perché gli scozzesi potessero tornare alle urne ed esprimersi nuovamente sul distacco da Londra, alla luce della Brexit che in Scozia era stata respinta.

La sconfitta della sua strategia, sancita dalla Corte suprema britannica nei mesi scorsi, non era stata l’unico inciampo negli ultimi mesi per l’SNP, che sta affrontando un momento di ricambio generalizzato ai vertici. Suscita in particolare delle controversie un progetto di legge volto a facilitare la transizione sessuale, già dai 16 anni e senza perizia medica.

Non sono state le «pressioni di breve termine» a portarla alle dimissioni, insiste la prima ministra. In primavera lo Snp doveva celebrare un congresso per pronunciarsi sul «referendum di fatto», la classe dirigente ora propone di «mettere in pausa» quel discorso. Va scelto un successore, prima. Nella squadra di governo, sono considerati papabili la titolare dell’Economia, Kate Forbes, o Angus Robertson (Costituzione e Cultura). Altri nomi, come l’ex leader John Swinney, sono usato garantito, ma legati al passato. Stephen Flynn, capogruppo a Westminster, piace alla minoranza, ma ha al momento escluso di candidarsi.

In attesa che il vuoto, almeno mediatico, dell’addio si riempia, i laburisti sperano di riconquistare terreno. Avanzare in Scozia fa parte della strategia di Keir Starmer per vincere le prossime elezioni. La vera prova di maturità per gli orfani di Sturgeon sarà dimostrare – a differenza sua – di avere un “piano B” oltre al referendum. La rinuncia di una presenza ingombrante potrebbe facilitare un approccio diverso. Un nuovo inizio, insomma. Con i non più rimandabili chiarimenti su quale tipo di futuro desiderino i nazionalisti per la Scozia indipendente: quale moneta, quali rapporti con Londra, come gestire il problema di un confine con l’ex madrepatria (quello irrisolto in Irlanda del Nord dopo la Brexit, per capirci).

Figlia di un’infermiera e di un elettricista, Sturgeon era entrata nell’SNP appena 16enne e vi ha trovato anche marito, l’attuale direttore generale del partito Peter Murrell. La coppia non ha figli. Nel 1999 era stata fra le prime rappresentanti della formazione nazionalista nell’allora neonato Legislativo scozzese.

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