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“Non siamo in URSS”, disse il parassita ex comunista padano

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di MATTEO CORSINI

Nei mesi scorsi, il governo, per bocca del ministro dell’Economia, aveva criticato le banche per non aver aumentato i tassi di remunerazione dei depositi in conto corrente, incrementando invece quelli sui prestiti, più o meno in linea con l’aumento dei tassi di mercato in reazione a quelli sui tassi di riferimento stabiliti dalla BCE.
Si era parlato di una tassa sui profitti “extra”, ma lo stesso Giorgetti aveva poi detto che non c’era “in cantiere nessuna tassazione sugli extraprofitti bancari“. Poi, al termine del Consiglio dei ministri del 7 agosto, il capo di Giorgetti, attuale ministro dei Trasporti, ha annunciato la tassa sugli extra profitti, identificati in un incremento oltre una certa soglia del margine di interessi. Della stessa misura sono poi circolate due versioni, la seconda delle quali meno drconiana della prima.
A me interessa meno l’entità di questa imposta straordinaria rispetto al significato di questa mossa da socialisti duri e puri. La stessa Giorgia Meloni, rivendicando la scelta, ha parlato di profitti “ingiusti“. Il che significa che sia prerogativa del governo stabilire quale profitto sia giusto o in giusto in base all’ammontare e non al fatto che lo stesso sia derivante o meno da un atto illegittimo. E d’altra parte, per quanto il presidente del Consiglio non voglia accostamenti ai socialisti, l’esempio più noto di una tassa a carico di presunti extra profitti delle banche è stata voluta in Spagna da un primo ministro che, per lo meno, non si vergogna di dirsi socialista.
E pur considerando che il danno immediato a fronte dell’ipotetico gettito dell’imposta in questione era già apparso evidente in Spagna, quindi facilmente prevedibile, il governo ha comunque voluto procedere, in quella che sembra una dimostrazione delle Terza legge fondamentale della stupidità umana di Carlo M. Cipolla:
  • Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita.”
Non che a me la mossa del governo abbia stupito. In fin dei conti lo statalismo è nel DNA di gran parte degli esponenti dell’attuale maggioranza, e quando c’è statalismo di solito i soldi spesi o promessi a questo o quel gruppo di interesse devono essere trovati da qualche parte.
Il sindacalista Maurizio Landini invita spesso i governi in carica ad “andare a prendere i soldi dove sono“, e pare che Meloni e colleghi lo abbiano preso in parola. Si prenda, per esempio, questa affermazione:
  • Nella Lega c’è la convinzione che il prelievo sui maxi margini delle banche, che hanno guadagnato decine di miliardi in questo periodo, sia la strada giusta per aiutare lavoratori, famiglie e imprese.”
Se al posto di “Lega” ci fosse “Cgil” e non si sapesse chi l’ha pronunciata, suppongo che in molti l’attribuirebbero a Landini. E invece è stato Matteo Salvini, forse in un momento di nostalgia dei suoi trascorsi giovanili da comunista padano. Lo stesso Salvini (ex comunista padano, ndr) che, incurante del ridicolo, ha pure detto:
  • Non siamo in Urss, sono un liberale, ma andiamo avanti sulla tassa sugli extraprofitti.
Penso che neppure Ludwig von Mises, denunciando quasi un secolo fa lo stravolgimento del significto del termine “liberalismo”, potesse immaginare qualcosa del genere.
Nelle prossime settimane con ogni probabilità l’ABI cercherà di ammorbidire ulteriormente i termini dell’imposta, che nell’ultima versione avrebbe comunque un tetto allo 0,1% dell’attivo di bilancio.
A fronte di 3-3,5 miliardi di gettito, teoricamente una tantum, non mi stupirei se il governo impegnasse quei soldi per spese (ri)correnti o per rifondere le imprese dei costi dell’introduzione del salario minimo, altro provvedimento sinistrorso che potrebbero intestarsi Meloni e colleghi. Però non siamo in Urss…

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