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E la liquidità in eccesso dove la mettiamo?

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di MATTEO CORSINI

Intervistato dal Sole 24 Ore, il presidente dell’autorità Antitrust, Roberto Rustichelli, dice la sua sulla questione della tassazione dei margini di interesse ritenuti “ingiusti” dal governo.
Rustichelli difende la forma, affermando:
  • Un presidente di un’autorità antitrust non può commentare, nella tutela della sua indipendenza e nel rispetto delle competenze che la Costituzione dà a governo e Parlamento. Posso dire che in un Paese democratico le aziende hanno il pieno diritto di perseguire il core business e di fare marginalità. Hanno però il dovere di contribuire al benessere comune, perché questa è la base di ogni democrazia. E immagino che il governo abbia voluto dire: «State guadagnando molto di più, date un po’ di più al Paese».
Quindi prima dice che non può commentare, poi lo fa. A me la forma non interessa per nulla. Nella sostanza, però, la contribuzione al benessere comune è un dovere inventato (anche se costituzionalizzato), sulla cui base ogni soggetto dotato di potere legislativo può imporre veri e propri espropri.
Peraltro, laddove gli scambi tra un’impresa e i suoi clienti siano volontari, vi è già contribuzione al benessere altrui, altrimenti quegli stessi scambi non avrebbero luogo.
Rustichelli, comunque, avrebbe un’idea alternativa al balzello straordinario. A cui arriva partendo da una critica alle banche centrali:
“Prima si sono lasciati i tassi negativi o a zero con l’inflazione che era già al 5% a ottobre 2021 e poi si sono tenuti a zero quando il gas è schizzato a livelli record dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Muoversi solo a luglio del 2022 ha creato una situazione esplosiva, perché venivamo da otto-nove anni di tassi a zero. Si è creato l’effetto di una molla troppo a lungo compressa che è poi scattata in maniera repentina e ora occorrerà tempo per riportarla in posizione. Possiamo dire che le banche centrali hanno comprato il tempo ai governi di tutto il mondo e hanno implementato l’idea che si possa fare debito senza pagarne le conseguenze. Il debito pubblico e privato mondiale a giugno era pari a 300mila miliardi di dollari (350% del Pil mondiale) e il debito pubblico italiano è cresciuto di 500 miliardi negli ultimi cinque anni rendendo difficile governare nei prossimi anni a qualunque esecutivo.”
Osservazioni condivisibili, se non fosse che poi Rustichelli si lancia nell’affermazione secondo cui non aumentare la remunerazione della raccolta a vista “non sia conforme all’articolo 47 della Costituzione il quale prevede che la Repubblica incoraggi e tuteli il risparmio.” Avere il denaro depositato a vista significa poterne disporre in qualsiasi momento.
Se quello fosse il risparmio, sarebbe assai problematico finanziare investimenti a lungo termine. E difatti lo è, come dimostra la storia bancaria da secoli. Anche se non si mettesse in discussione la legittimità di questa pratica (e invece ha senso farlo, dato che sulla stessa somma di denaro si moltiplicano le persone che possono ritirare a vista o disporne il trasferimento immediato), è evidente che una crisi di fiducia nei confronti della banca possa portare rapidamente all’implosione.
Rustichelli aggiunge poi che “se le banche restituissero ai loro depositanti il 40% del tasso (3,75%) che la Bce gli riconosce, quindi l’1,50%, questo si tramuterebbe in uno spread dell’1,10% rispetto al tasso medio di interesse attualmente riconosciuto ai correntisti, che applicato ai 1.368 miliardi di depositi a vista, porta 15 miliardi di nuovi interessi. Tutto questo si tradurrebbe in una importante iniezione di liquidità. Ma anche lo Stato avrebbe il suo tornaconto: applicando ai 15 miliardi il 26% di tassazione, si arriverebbe a circa 4 miliardi di nuove entrate. A consumatori, imprese, onlus, enti previdenziali resterebbero quasi 11 miliardi.”
Evidentemente sarebbe un conto molto più salato della norma in discussione, ma Rustichelli dice che sitratterebbe di una misura necessariamente temporanea (ad esempio un anno o, quantomeno, fino a quando i tassi rimarranno alti). E il 40% dovrebbe essere un floor minimo su cui gli istituti di credito potrebbero continuare a farsi concorrenza al rialzo. Del resto, non dico nulla di nuovo per le banche: infatti, nel luglio 2008 e nel settembre 2001 il tasso ufficiale di riferimento era uguale a quello di oggi (4,25%), ma il tasso medio che le banche spontaneamente riconoscevano ai depositi a vista era pari al 1,7549% (nel 2008) e al 1,8226% (nel 2001), circa il 20% superiore a quello che propongo io oggi.”
Al di là di ogni altra considerazione, segnalerei al presidente Antitrust che il contesto oggi è ben diverso da quello del 2001 e del 2008. Allora nel sistema non vi era sostanzialmente liquidità in eccesso. Oggi, nonostante l’inversione di orientamento delle politiche monetarie l’ultimo anno, nella sola area euro la liquidità in eccesso supera ancora i 3600 miliardi. Che è poi un effetto di quelle stesse politiche monetarie degli anni scorsi criticate da Rustichelli.
Lasciare invariate le norme che regolano l’attività bancaria (o con variazioni non risolutive ma solo appesantendo gli adempimenti dei soggetti vigilati) e tentare poi di correggere gli esiti che non piacciono a colpi di machete fiscale non può che peggiorare le cose.

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