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Dollarizzazione, inflazione e Federal Reserve

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di MATTEO CORSINI

In un articolo su Bloomberg Opinion dedicato all’idea di dollarizzare l’economia argentina da parte del candidato libertario Javier Milei, Tyler Cowen, che condivide la proposta, osserva chemolti libertari negli Stati Uniti non sanno quanto siano fortunati ad averlo. Amano inveire contro la Fed, e alcuni di loro prevedono la scomparsa del dollaro, forse attraverso l’iperinflazione negli Stati Uniti. Quindi un candidato libertario in un altro paese raggiunge un certo consenso, e la sua proposta politica più rilevante è quella di dollarizzare l’economia“.
Come lo stesso Cowen ricorda, l’Argentina ha un problema di iperinflazione che non è risolvibile con misure di semplice aggiustamento di quanto fatto finora. L’Argentina quindi potrebbe beneficiare dal rinunciare completamente ad avere un apolitica monetaria “sovrana”, come già hanno fatto Panama, Ecuador ed El Salvador.
E’ fuori discussione che, in termini relativi, il dollaro americano sia molto più stabile del peso argentino. Tra l’altro è la moneta più utilizzata dagli argentini nel tentativo di difendere il loro potere d’acquisto. Ciò non significa che sia la moneta ideale, o che la politica monetaria della Fed non ne abbia eroso il potere d’acquisto nei (fin qui) 110 anni di attività (un dollaro del 1913 vale circa 3 centesimi a luglio 2023).
Quindi è comprensibile che dall’inferno dell’iperinflazione argentina, la prospettiva di passare al dollaro rappresenti un miglioramento, soprattutto togliendo alla classe politica nazionale la possibilità di monetizzare la spesa pubblica. Ma è altrettanto comprensibile la critica dei libertari americani all’operato della Fed e alla continua (ancorché non paragonabile a quella argentina) erosione del potere d’acquisto del dollaro.

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