di GIOVANNI BIRINDELLI
ABSTRACT: Il principio di universalizzazione è una condizione non solo necessaria ma anche sufficiente a dimostrare che il principio di non-aggressione è l’unica regola coercitiva non-arbitraria logicamente possibile.
INTRODUZIONE
I filosofi della libertà possono essere visti come alpinisti. Il livello di coerenza logica nella loro difesa di regole coercitive non-arbitrarie può essere visto come l’altitudine che raggiungono. Di conseguenza, il principio di non-aggressione può essere visto come il picco della montagna più alta.
In passato, diversi alpinisti si sono avvicinati alla vetta, ma il primo a conquistarla fu Murray Rothbard. La via da lui scelta per arrivarci era tuttavia tracciata sulla sdrucciolevole roccia della ‘natura umana’. Come è stato spesso osservato (Antiseri, Giorello; Hoppe), questo concetto è problematico: infatti, esso è in parte influenzato da fattori culturali, al punto da poter essere arbitrario. Per arrivare in vetta lungo questa via, Rothbard per esempio dovette assumere che, al di fuori del campo della teoria economica, il valore può essere oggettivo, non solo soggettivo; e specificamente che, nel campo dell’etica, esso è oggettivo.
Dopo Rothbard, il suo discepolo Hans-Hermann Hoppe (vedi anche Kinsella) raggiunse la stessa vetta della montagna più alta (più precisamente, una vetta molto vicina). Tuttavia, egli tracciò la sua via sulla solida roccia del ragionamento logico-aprioristico, senza mai toccare quella sdrucciolevole della ‘natura umana’. Non solo la via tracciata da Hoppe arriva alla stessa vetta, ma è brillante, arricchente e bella. Rothbard riconobbe immediatamente la superiore qualità della roccia su cui la nuova via era stata tracciata.
La via tracciata da Hoppe comincia dal principio di universalizzazione come condizione necessaria a dimostrare che una regola sia logicamente giustificabile. Se una norma non è universalizzabile, cioè se essa viola il principio logico e binario di uguaglianza davanti alla legge, allora per definizione essa è arbitraria e quindi dimostrabilmente ingiustificabile.
Hoppe ritiene che l’universalizzabilità sia una condizione solo necessaria a dimostrare la giustificabilità di una norma, non sufficiente. Di conseguenza, dopo qualche tiro di corda, lascia la via del principio di universalizzazione, che egli ritiene non raggiungere la vetta, per tracciare una via diversa: quella dell’etica dell’argomentazione (argumentation ethics). Di nuovo, siamo fortunati che Hoppe faccia questa scelta. La nuova via da lui tracciata è estremamente panoramica e porta in vetta: scalando esclusivamente sulla solida roccia del ragionamento logico-aprioristico, Hoppe dimostra che il principio di non-aggressione (che supera il test di universalizzazione) è l’unica regola logicamente giustificabile.
Tuttavia, l’affermazione secondo la quale l’universalizzabilità è una condizione solo necessaria a dimostrare la giustificabilità di una norma è scorretta: essa è infatti anche una condizione sufficiente. In altre parole, la via del principio di universalizzazione porta anch’essa alla vetta più alta: il principio di non-aggressione come unica possibile regola coercitiva non-arbitraria, e quindi giustificabile. Inoltre, quella del principio di universalizzazione è probabilmente la via più rapida e breve a quella vetta, anche se sicuramente meno panoramica e arrichente dell’argumentation ethics. Inoltre, come quest’ultima, è tracciata esclusivamente sulla solida roccia del ragionamento logico-aprioristico, senza mai far riferimento alla ‘natura umana’.
In quanto segue, dividerò il mio ragionamento in tre parti. Nella prima parte, chiarirò brevemente il concetto di ‘regola coercitiva’ per come sarà usato in questo articolo, e alcune sue implicazioni. Nella seconda parte, spiegherò perché l’argomentazione con la quale Hoppe sostiene che il principio di universalizzazione sia una condizione solo necessaria e non sufficiente alla non-arbitrarietà di una norma è errata. Nella terza parte, dimostrerò che l’universalizzabilità è una condizione non solo necessaria alla giustificabilità logica di una regola coercitiva, ma anche sufficiente; e che l’unica regola coercitiva che soddisfa questo criterio è il principio di non-aggressione. Infine, farò dei brevi commenti conclusivi.
REGOLE COERCITIVE
Col termine regola coercitiva qui mi riferirò a una regola la cui violazione giustifica il ricorso alla coercizione fisica: non nel senso che in questo caso la coercizione fisica sia ‘giusta’, ma nel senso che, all’interno di un particolare contesto giuridico, la violazione di questa regola consente legalmente il ricorso alla coercizione fisica.
Il fatto che la coercizione consentita da quella regola sia giusta o meno è una questione completamente diversa che dipende dalla coerenza logica della teoria della giustizia sottostante.
Una regola coercitiva può essere positiva (“Alice deve fare X”) oppure negativa (“Alice non deve fare Y”): logicamente, non c’è terza via possibile.
È importante sottolineare il fatto che il problema della giustizia o meno di una regola, e quello dei criteri che questa deve soddisfare per essere giusta, si pone solo per le regole coercitive. Se una regola non è coercitiva, allora un test logico di giustizia non ha senso in relazione a essa.
Infine, le regole coercitive sono difficilmente evitabili: anche la regola “non deve esserci alcuna regola coercitiva” è essa stessa (se è applicabile, nel senso che la sua violazione consente il ricorso legale alla coercizione fisica) una regola coercitiva.
L’ERRORE DI HOPPE SULL’UNIVERSALIZZABILITA’
Al fine di dimostrare che il test di universalizzazione non è una condizione sufficiente perché una norma sia giustificabile, Hoppe ricorre ad alcuni esempi di regole che lui sostiene superino questo test e che tuttavia sono arbitrarie e quindi ingiustificabili.
I primi due esempi sono le due seguenti regole: “«Tutti devono ubriacarsi di domenica oppure saranno multati» [e] «chiunque beva alchol sarà punito»”: Queste due regole opposte “sono entrambe regole che non consentono la discriminazione fra diversi gruppi di persone e quindi entrambe soddisfano la condizione dell’universalizzabilità” (Hoppe). Tuttavia, questa affermazione è sbagliata.
La prima delle due regole mezionate da Hoppe è una regola coercitiva positiva. A prima vista sembra una regola che passa il test di universalizzazione. Tuttavia, guardando più da vicino, è chiaro che fallisce il test. Infatti, presuppone che ci sia qualcuno che ha il diritto di compiere un’azione che altre persone non hanno il diritto di compiere: in particolare, violare per primo la proprietà di altri (in questo caso, comminando una multa).
In effetti, come vedremo oltre, questa è la ragione specifica per cui, in generale, tutte le regole coercitive positive falliscono necessariamente il test di universalizzazione.
È utile sottolineare che qui non stiamo ancora affrontando la questione del se la violazione iniziale della proprietà privata di qualcuno sia giusta o meno (non abbiamo ancora definito cosa intendiamo con ‘giustizia’). Stiamo semplicemente osservando il fatto oggettivo che questa regola particolare implica logicamente che qualcuno abbia il diritto legale di violare per primo la proprietà di altri e che altri non hanno questo diritto legale; e quindi il fatto che, in questo senso, il principio di universalizzazione è violato in questo caso.
La seconda è una regola coercitiva negativa. Di nuovo, l’uso del termine “chiunque” fa sembrare che essa passi il test di universalizzazione. Tuttavia, questa regola fallisce il test per la stessa ragione per cui la regola precedente lo ha fallito. Infatti, presuppone che qualcuno abbia il diritto di compiere legalmente un’azione specifica che altre persone non hanno il diritto di compiere: di nuovo, violare per primo la proprietà di altri (in questo caso imponendo una punizione).
La ragione per cui entrambe queste regole falliscono il test di universalizzazione è fornita da Hoppe stesso (questa è la ragione per cui è sorprendente che, nel caso specifico delle due regole menzionate sopra, lui arrivi a una conclusione diversa): “Tutte le alternative al libertarismo messe in pratica e la maggior parte delle teorie etiche non libertarie non passerebbero nemmeno il primo test formale di universalizzazione, e si dimostrerebbero invalide già solo per questo fatto! … Queste regole non sarebbero accettabili perché implicherebbero che un gruppo abbia dei privilegi legali a cui corrisponderebbero discriminazioni legali contro un altro gruppo” (Hoppe).
Al fine di rinforzare la dimostrazione che il test di universalizzazione non è una condizione sufficiente perché una regola sia giustificabile, Hoppe fornisce un terzo esempio: “Tutti hanno il diritto di aggredire chiunque altro [una regola che, peraltro, passerebbe formalmente il test di universalizzazione!]”. A differenza delle due regole precedenti, questa passa, in effetti, il test di universalizzazione. Tuttavia, essa non è una regola coercitiva. In particolare, non è una regola coercitiva positiva: in questo caso, infatti, sarebbe stata “Tutti devono aggredire altre persone”. Né è una regola coercitiva negativa: infatti, una regola coercitiva negativa stabilisce cosa una persona (o everyone) non deve fare, non cosa essa “ha il diritto di fare”. Data una regola coercitiva negativa, cosa Bob “ha il diritto di fare” è indefinito e può essere dedotto solo per sottrazione.
Per esempio, consideriamo la regola coercitiva che proibisce a chiunque di evadere le tasse. Questa regola implica che tutti “hanno il diritto di” leggere libri (qui sto assumendo che non ci siano altre regole coercitive che proibiscano questa attività specifica). Mentre, da un lato, la regola che vieta a Alice di evadere le tasse è una regola coercitiva, il fatto che essa “abbia il diritto di” leggere libri, o di fare tante altre cose, non è una regola coercitiva: ma solo un’implicazione, o se vogliamo una conseguenza, della regola coercitiva di cui sopra.
Di conseguenza, la regola “Tutti hanno il diritto di aggredire chiunque altro” non è una regola coercitiva. Tuttavia, come ho accennato sopra, se una regola non è coercitiva un test logico di giustizia non ha senso in relazione a essa. L’affermazione di Hoppe secondo cui l’universalizzabilità è solo una condizione necessaria alla giustificabilità di una norma, ma non sufficiente, resta quindi non dimostrata.
IL TEST DI UNIVERSALIZZAZIONE È UNA CONDIZIONE SUFFICIENTE
D’altro canto, può facilmente essere dimostrato: (a) che il test di universalizzazione è una condizione sufficiente perché una regola coercitiva sia non-arbitraria, e quindi giustificabile, e (b) che il principio di non-aggressione è l’unica regola coercitiva che passa con successo questo test, e quindi l’unica regola logicamente giustificabile.
Come argomentato sopra, al fine di dimostrare questo dobbiamo applicare il test di universalizzazione alle sole regole coercitive. Come abbiamo già visto, tutte le regole coercitive positive falliscono il test di universalizzazione. Infatti, esse presuppongono che qualcuno abbia il diritto di compiere un’azione specifica che altri non hanno il diritto di compiere: violare per primo la proprietà di altri.
Per esempio, la regola coercitiva positiva “Tutti devono fare il servizio militare” fallisce il test di universalizzazione perché presuppone che qualcuno (p. es. lo stato) abbia il diritto di violare per primo al proprietà di altri (per esempio comminando una multa, incarcerando, condannando a morte, ecc. nel caso in cui qualcuno si rifiuti di fare il servizio militare) mentre altri non hanno il diritto di farlo.
Abbiamo anche visto che le regole coercitive negative possono fallire il test di universalizzazione esattamente per la stessa ragione. Per esempio, la regola coercitiva negativa: “È proibito a tutti leggere libri” presuppone di nuovo che qualcuno (p. es. lo stato), a differenza di qualcun altro, abbia il diritto di violare per primo la proprietà di altri applicando una sanzione.
Tuttavia, c’è un caso specifico (e allo stesso tempo generale), e solo uno, in cui una regola coercitiva negativa supera il test di universalizzazione. Questo caso specifico è quello in cui l’azione che è proibita è precisamente quella che fa scattare logicamente la violazione del principio di universalizzazione in tutti gli altri casi: violare per primi la proprietà di altri.
A differenza della regola coercitiva negativa precedente (“è proibito a tutti legge libri”), la regola “È proibito a tutti violare per primi la proprietà di altri” non presuppone che qualcuno abbia il diritto di fare qualcosa che altri non hanno il diritto di fare. Per esempio, supponiamo che Bob violi per primo la proprietà di Alice rubandole il suo libro. Sulla base della regola coercitiva negativa “È proibito a tutti violare per primi la proprietà di altri”, Bob potrebbe essere sanzionato e quindi dover subire una violazione della sua proprietà (per esempio sotto forma di multa) ad opera per esempio di Alice, oppure di qualcuno (p. es. un’azienda) a cui Alice ha volontariamente delegato la difesa dei suoi diritti di proprietà (de Molinari; Rothbard).
Ora, poiché questa violazione della proprietà di Bob non sarebbe iniziale ma solo in risposta alla violazione iniziale della proprietà di Alice da parte di Bob, allora essa non costituirebbe una violazione della regola coercitiva negativa “È proibito a tutti violare per primi la proprietà di altri”. Se chiamiamo la violazione iniziale della proprietà di qualcuno (per esempio attraverso la violenza, la minaccia credibile della stessa, e attraverso altri mezzi) aggressione, allora possiamo chiamare la regola coercitiva negativa di cui sopra: principio di non-aggressione.
È così dimostrato che il principio di universalizzazione è sufficiente a stabilire la non-arbitrarietà di una regola coercitiva. Inoltre, dato che tutte le altre regole coercitive negative e tutte le regole coercitive positive (senza eccezione) falliscono il test di universalizzazione, è dimostrato che il principio di non-aggressione è l’unica regola coercitiva non-arbitraria (giustificabile) che sia logicamente possibile.
Se chiamiamo legittimità il rispetto di regole coercitive non-arbitrarie e legalità il rispetto di regole coercitive arbitrarie, allora segue che l’unica proprietà legittima è quella che ciascuno ha sul proprio corpo, quella di beni che prima non appartenevano ad alcuno e coi quali la persona ha mescolato il proprio lavoro (homesteading), quella derivante dagli scambi volontari e dalle donazioni volontarie. Qualsiasi altra forma di proprietà, per quanto legale, è necessariamente illegittima.
CONCLUSIONE
L’argumentation ethics di Hoppe è una via solida e rigorosa alla vetta del principio di non-aggressione come unica regola coercitiva dimostrabilmente giustificabile. L’unico punto sul quale non concordo con Hoppe è che la via dell’universalizzabilità non raggiunga anch’essa quella vetta. In altre parole, che essa sia una condizione solo necessaria e formale di giustificabilità, non anche sufficiente.
Non solo questo che a me sembra un errore non impedisce in alcun modo a Hoppe di raggiungere la vetta della montagna più alta, ma, essendo la ragione per cui ha tracciato la via alternativa dell’argumentation ethics, sarebbe un errore fortunato. Tuttavia, il sentiero dell’universalizzabilità porta anch’esso a quella vetta. Questo percorso è tracciato sulla stessa roccia solida del ragionamento logico-aprioristico. È un percorso meno panoramico e meno arricchente, ma in compenso molto più facile e molto più rapido.
Inoltre, le sue implicazioni (che qui non saranno discusse) sono significative non solo sul piano teorico ma anche su quello strategico e comuicativo. Infatti, specialmente oggi, la maggior parte dei nemici della libertà ha una venerazione per il principio di uguaglianza davanti alla legge, che di solito è uno dei primi articoli delle loro costituzioni. Essi lo venerano perché non ne conoscono le implicazioni logiche. In particolare, non sanno che esso implica logicamente il principio di non-aggressione come l’unica regola regola coercitiva giustificabile (perché non arbitraria) e quindi l’illegittimità dello stato.
BIBLIOGRAFIA
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