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Inflazione: a proposito di schiavi di economisti defunti

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di MATTEO CORSINI

Come è noto, tra la comunità di economisti italiani il culto di Keynes non ha mai conosciuto un calo di adepti da circa un secolo a questa parte.
Francesco Saraceno, keynesiano doc, ha appena scritto un saggio per dimostrare che l’inflazione sia sempre un fenomeno monetario. A suo parere, i banchieri centrali sono troppo influenzati dal pensiero di Milton Friedman. Il tutto secondo quanto scrisse Keynes in chiusura della sua Teoria Generale, ossia che gli uomini pratici sono schiavi di un economista defunto.
Secondo Saraceno l’inflazione non sarebbe quasi mai stato un fenomeno monetario, bensì conseguenza di “squilibri settoriali” dovuti a varie cause. E, per uscirne, sarebbe necessario coordinare la politica monetaria con quella fiscale, industriale, dei redditi (e chi più ne ha più ne metta), facendo un continuo fine tuning e guidando l’economia conciliando la stabilità economica con la transizione ecologica (che oggi non può mancare in nessun ricettario).
Quando il termine inflazione definiva l’incremento della quantità di moneta non c’erano equivoci sul fatto che si trattasse di un fenomeno necessariamente monetario. Poi la definizione mainstream passò a identificare l’inflazione con l’aumento generalizzato dei prezzi al consumo, descritto da indici costruiti su un paniere di beni che varia nel tempo, non senza un certo grado di arbitrarietà.
A questo punto non era sempre immediato l’aumento di tali indici a seguito dell’aumento della quantità di moneta. E certamente i prezzi possono crescere per fattori specifici in determinanti contesti storici. Ma un aumento generalizzato non sarebbe possibile se non ci fosse stato in precedenza un auemnto della quantità di moneta, per il semplice (ma non semplicistico) fatto che i prezzi esprimono quante unità monetarie sono necessarie per negoziare un bene o servizio. Se la quantità di moneta non aumenta, può esserci una variazione dei prezzi relativi, ma non un aumento generalizzato. Né il fenomeno può perpetuarsi.
Indubbiamente la combinazione di politiche monetarie ultra-espansive e di politiche fiscali altrettanto espansive nei mesi dei lockdown ha favorito, assieme ai blocchi sul lato dell’offerta, un incremento di prezzi che in precedenza la sola poitica monetaria espansiva non aveva generato. Ma non mi pare di ricordare l’universo keynesiano (con l’eccezione di Larry Summers e Olivier Blanchard) criticare quel mix di politiche espansive. Semmai il contrario, a sud delle Alpi in particolare.
Dove non mancano certo gli uomini pratici (ahimè) che sono schiavi di un economista defunto di nome John Maynard Keynes.

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