di DOMENICO SALIMBENI
La riunione dell’IPCC tenutasi in Corea del Sud ha discusso delle misure necessarie (secondo i CGM IPCC) per limitare l’aumento della temperatura globale ad 1,5 °C sopra quella dell’era preindustriale.
Uno degli autori dell’ultimo Rapporto Speciale IPCC sul Riscaldamento Globale, Drew Shindell, dell’Università di Duke, ha detto alla stampa che per raggiungere l’obiettivo occorrerà diminuire le emissioni mondiali di CO₂ del 40% (contenendole quindi in 248 ppm) entro il 2030, mentre l’IPCC si accontenta di “zero emissioni nette” di CO₂ entro il 2050.
Ciò significherebbe un divieto totale sui motori a gas o diesel per auto e camion (come vorrebbe Ursula), chiusura di tutte le centrali a carbone, trasformazione dell’agricoltura mondiale verso biocarburanti derivati da alimenti prodotti da mister Bill. Shindell ha ammesso però: “Sono cambiamenti enormi”.
Il rapporto, denominato SR15, dichiara che il riscaldamento globale di 1,5 °C porterà “probabilmente” all’estinzione delle specie umana, a condizioni meteorologiche estreme, e a rischi per la salute, la crescita economica, e l’approvvigionamento di cibo (mi chiedo che senso ha preoccuparsi di salute, progresso e cibo i una popolazione “estinta”). Per evitare tutto questo, le stime hanno richiesto che i soli investimenti energetici salgano di 2,4 trilioni di $/anno. Il che potrebbe spiegare l’interesse delle principali banche globali, in particolare quelle della City di Londra, a spingere la carta del riscaldamento globale.
Lo scenario assume una dimensione ancor più incredibile, in quanto generato da dati “fasulli” (affermazione mia), creati da un gruppetto internazionale di scienziati climatici, che etichetta i colleghi in disaccordo come “negazionisti del cambiamento climatico”, cioè quegli “scienziati” che rifiutano un legittimo dibattito scientifico perché, come ha sentenziato il Presidente dell’IPCC Dott. Hoesung Lee “Il dibattito sulla scienza dei cambiamenti climatici è già stato fatto, ora è chiuso”. Così, col “dibattito chiuso”, non corre più il rischio di dover trovare un supporto scientifico alle sue affermazioni. Ma il dibattito è tutt’altro che finito, come testimonia, fra gli altri, il Global Warming Petition Project, firmato da 31.487 scienziati statunitensi che affermano: “Non ci sono convincenti prove scientifiche che il rilascio umano di anidride carbonica, metano od altri gas serra stia causando o causerà, nel prossimo futuro, un riscaldamento catastrofico dell’atmosfera terrestre ed un’interruzione del clima terrestre. Vi è anzi una sostanziale evidenza scientifica che l’aumento del biossido di carbonio nell’atmosfera produca molti effetti benèfici sugli ambienti naturali di animali e piante”.
La cosa più interessante dei terribili avvertimenti di catastrofe globale è che si basano sempre su previsioni “future”, e quando (come ho fatto rilevare in più occasioni) il “punto di svolta” della cosiddetta irreversibilità è passato senza evidenti catastrofi, si trasla la scadenza perché “la calcolatrice” ha fornito un risultato errato, o ci inventa sempre un nuovo punto futuro. Per esempio:
- ✓ Nel 1982 Mostafa Tolba, direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), avvertì che “se i governi non agiscono ora, entro un paio di decenni il mondo affronterà un disastro ecologico”. Predisse che l’inazione avrebbe portato “una catastrofe ambientale verso l’inizio del secolo, che vedrà una devastazione totale, irreversibile come qualsiasi olocausto nucleare”.
- ✓ Nel 1989 Noel Brown, sempre dell’UNEP, disse che “intere nazioni sarebbero state spazzate via dalla faccia della Terra”, a causa dell’innalzamento del livello del mare, se la tendenza al riscaldamento globale non fosse stata invertita entro il 2000.
- ✓ James Hansen, figura onnipresente negli scenari apocalittici, dichiarò 20 anni fa che, “per preservare un pianeta simile a quello su cui la civiltà si è sviluppata sulla Terra ed alla quale è stata adattata la vita”, il limite massimo è di 350 ppm di CO₂. Oggi il livello misurato è 414 ppm.
- ✓ Rajendra Pachauri, allora capo IPCC, dichiarò che: “Se non si agisce prima del 2012, sarà troppo tardi”. Il 2012 è passato da oltre 10 anni, ma si stanno ancora fissando scadenze future.
Come osserva lo scienziato britannico Philip Stott: “In sostanza, negli ultimi cinquanta anni, è stato regolarmente dato alla Terra un avviso di sopravvivenza di 10 anni…”.
Il periodo postmoderno di ansia per i cambiamenti climatici può essere probabilmente fatto risalire a fine anni ’60…”. Nel ’73, quando lo spavento del “Raffreddamento Globale” era in pieno svolgimento, con previsioni dell’imminente collasso del mondo entro venti anni […] gli ambientalisti avvertivano che, entro il 2000, la popolazione americana sarebbe scesa a soli 22 milioni. Nel 1987, il nuovo spavento improvvisamente divenne il “Riscaldamento Globale”, e venne quindi istituito l’IPCC (il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici) (1988)…”.
I modelli IPCC sono puramente teorici, non concreti e reali. L’ipotesi dipende interamente da modelli informatici che generano scenari futuri, non corroborati da registrazioni empiriche che li verifichino. Come ha concluso uno studio scientifico, “I modelli climatici computerizzati, sui quali si basa il ‘riscaldamento globale causato dall’uomo’, hanno sostanziali incertezze e sono palesemente non attendibili. La cosa non sorprende, dal momento che il clima è un sistema dinamico non lineare ed accoppiato. È molto complesso”. Accoppiato vuol dire che gli oceani causano cambiamenti nell’atmosfera e viceversa. Entrambi sono legati in modo complesso ai cicli solari. Nessun modello che prevede il riscaldamento globale o mille “punti di svolta” è in grado di analizzare, e neanche cerca di farlo, le reciproche influenze tra l’attività del sole ed i cicli di eruzione solare che determinano le correnti oceaniche, correnti a getto, gli eventi El Niño e La Niña, ed il tempo quotidiano.
John McLean, un australiano esperto di IT e ricercatore indipendente, ha recentemente effettuato un’analisi dettagliata del rapporto IPCC sul clima, e ha osservato che il set di dati usato è HadCRUT4, palesemente pieno di errori. Nota: “È molto amatoriale, ha lo standard di uno studente universitario del primo anno”. Tra gli errori, “le medie della temperatura sono state calcolate con pochissime informazioni. Per due anni, le temperature sulla Terra nell’emisfero meridionale sono state stimate da un solo sito in Indonesia”. Per l’isola caraibica di Saint Kitts e Nevis la temperatura è stata registrata a 0 °C per un mese intero, in due occasioni. Il set di dati è una produzione congiunta del britannico Hadley Center (unica fonte climatica affidabile per il passato e il presente) e dell’Unità di Ricerca Climatica dell’University of East Anglia.
Quest’ultimo è il gruppo implicato diversi anni fa nel famigerato scandalo Climategate, che riguardava dati errati e relativa cancellazione di mail compromettenti per nasconderlo. I media mainstream hanno prontamente sepolto la storia, rivolgendo invece l’attenzione su “chi ha illegalmente cancellato le mail dell’East Anglia”. Abbastanza sorprendentemente, se si fa una piccola ricerca, si scopre che l’IPCC non ha mai condotto una vera inchiesta scientifica sui possibili casi di cambiamento del clima terrestre. Le fonti artificiali di cambiamento venivano asserite arbitrariamente. Pochi tuttavia sono a conoscenza delle origini politiche e persino geopolitiche delle teorie del riscaldamento globale.
Com’è successo? Il cosiddetto Riscaldamento Globale, diventato “Cambiamento Climatico” quando è diventato evidente che la Terra aveva smesso di riscaldarsi, è un programma di deindustrializzazione neo-malthusiano, originariamente sviluppato nei primi anni ’70 da circoli attorno alla famiglia Rockefeller, per impedire l’ascesa di industriali indipendenti rivali.
Nel libro di F. William Engdahl, Myths, Lies and Oil Wars, si descrive dettagliatamente come l’autorevole gruppo Rockefeller abbia anche sostenuto la creazione del Club di Roma, dell’Aspen Institute, del Worldwatch Institute e del report del MIT “Limits to Growth”. Uno dei principali organizzatori del programma di crescita zero fu un amico di lunga data di David Rockefeller, un petroliere canadese di nome Maurice Strong che fu uno dei primi divulgatori della balla per la quale le emissioni prodotte dai veicoli di trasporto, dalle centrali a carbone e dall’agricoltura avevano causato un drammatico aumento della temperatura globale che minacciava la civiltà.
Come presidente della Conferenza ONU di Stoccolma del 1972 sulla Giornata della Terra, Strong promosse un’agenda di riduzione della popolazione ed abbassamento degli standard di vita in tutto il mondo, per “salvare l’ambiente”. Alcuni anni dopo lo stesso Strong ribadì la propria radicale posizione ecologista: “Il crollo delle civiltà industrializzate è l’unica speranza per il pianeta. Non è nostra responsabilità portarlo a termine?”.
Il dott. Alexander King, co-fondatore del Club di Roma, gruppo legato ai Rockefeller, ha ammesso il progetto nel proprio libro, The First Global Revolution, nel quale scrive: “Alla ricerca di un nuovo nemico che ci unisse, abbiamo avuto l’idea che l’inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la scarsità d’acqua, la carestia e simili sarebbero stati adatti… Tutti questi pericoli sono causati dall’intervento umano… Il vero nemico, quindi, è l’umanità stessa”. Per favore, leggete quel libro, che è estremamente istruttivo. In pratica, il dott. King dice che la colpa è dell’umanità, non delle 147 banche e multinazionali globali che “de facto” determinano l’ambiente odierno. Dopo il Summit sulla Terra, Strong venne nominato Assistente Segretario Generale delle Nazioni Unite e Consulente Capo di Kofi Annan. Fu il principale artefice del Protocollo di Kyoto del 1997÷2005, che dichiarò che il surriscaldamento globale è reale e che è “estremamente probabile” che le emissioni di CO2 prodotte dall’uomo ne fossero la causa principale. Nel 1988 Strong fu determinante nella creazione dell’IPCC ed in seguito della Convenzione Quadro sui cambiamenti climatici al Summit sulla Terra di Rio, da lui presieduto e che approvò la sua Agenda 21.
L’IPCC ed il suo programma di riscaldamento globale sono un progetto esclusivamente politico, non scientifico. Il suo ultimo rapporto, come i precedenti, si basa su una finta scienza, molto simile alla “scienzah di Speranza” sul Covid. Il professor Richard S. Lindzen del MIT, in un recente discorso, ha criticato i politici e gli attivisti che affermano che “la scienza è risolta”, ed ha chiesto “cambiamenti senza precedenti in tutti gli aspetti della società”.
Ha notato che è totalmente non plausibile che un così complesso “sistema multifattoriale” come il clima venga sintetizzato da una sola variabile, il cambiamento di temperatura medio globale, e controllato principalmente da una varianza dell’1÷2% nel bilancio energetico dovuto alla CO2. Lindzen ha denunciato come “un’improbabile congettura, sostenuta da false prove ripetute incessantemente, sia diventata ‘conoscenza’, usata per promuovere il capovolgimento della civiltà industriale”.
Il nostro mondo ha sì bisogno di una “trasformazione radicale”, ma una trasformazione che promuova la salute e la stabilità della specie umana.