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Elogio del petroliere texano, ovvero della proprietà privata

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di GUGLIELMO PIOMBINI*

  1. La demonizzazione dei petrolieri

Altri relatori hanno parlato delle radici malthusiane della cultura politica ambientalista, cioè l’idea che la Terra sia sovrappopolata e che bisogna ridurre il numero degli esseri umani, attraverso politiche più o meno coercitive di controllo delle nascite. Per gli ambientalisti sul nostro pianeta siamo sempre in troppi. Avendo mitizzato la natura, cioè avendola resa qualcosa di sacro e intoccabile, gli ambientalisti finiscono per detestare l’umanità in quanto profanatrice dell’ordine naturale.

Gli ambientalisti, più o meno esplicitamente, odiano tutti gli esseri umani, ma ce n’è uno che odiano più di tutti. È lui il principale responsabile della rovina di Madre Terra. Ai loro occhi rappresenta l’“uomo nero” nel verso senso della parola. Dopo questo indizio avete forse già capito di chi sto parlando: del petroliere. Ho deciso in questo mio intervento, un po’ sullo stile di Difendere l’indifendibile di Walter Block, di fare un elogio di questa figura, che mai nessuno difende ma che è invece una delle più eroiche del mondo moderno. In particolare, per far arrabbiare ancor di più gli ambientalisti, vorrei elogiare soprattutto quel tipo di petroliere che loro considerano il più turpe della categoria: il petroliere texano, quel personaggio spesso raffigurato con il cappello da cow-boy e il sigaro in bocca.

I nostri leader politici e intellettuali ci dicono infatti che, a causa del nostro “modello di sviluppo” basato sul consumo del petrolio e degli altri combustibili fossili (carbone e gas naturale) ci troveremo a vivere in un clima insostenibile, distruggeremo l’ambiente ed esauriremo le nostre risorse. Per queste ragioni James Hansen, probabilmente il climatologo più politicamente influente al mondo, ha dichiarato che gli amministratori delegati delle compagnie petrolifere dovrebbero essere processati per crimini contro l’umanità. Dovremmo quindi sostituire i combustibili fossili con energia rinnovabile, pulita e rispettosa dell’ambiente, derivante dal sole, dal vento e dalle biomasse (piante, per intenderci). Bill McKibben, uno dei principali oppositori a livello mondiale dell’uso di combustibili fossili, nel 2012 pubblicò un articolo di enorme successo in cui affermava la necessità di limitare l’uso dei combustibili fossili di una quantità compresa tra l’80% e il 95% nei decenni a venire.

Anche l’ex presidente Obama ha affermato in un suo discorso: «All’alba del ventunesimo secolo, il paese che ha messo al tappeto la tirannia del fascismo e del comunismo è ora chiamato ad affrontare quella del petrolio. Per la nostra sicurezza, la nostra economia e il nostro pianeta, l’era del petrolio deve finire nella nostra epoca». Obama ha quindi praticamente equiparato la “tirannia” dei petrolieri a quella dei regimi totalitari e sterminatori del Novecento.

  1. I meriti dei combustibili fossili

In verità è dagli anni Settanta che si fanno questi discorsi. La cosa singolare è che gli stessi ambientalisti che oggi chiedono il bando dei combustibili fossili cinquant’anni fa prevedevano che, se non avessimo ridotto drasticamente il loro uso già a quell’epoca e non avessimo cominciato a usare le tecnologie rinnovabili, sarebbe stata la catastrofe già oggi. Le loro previsioni si sono realizzate? Tutto il contrario! Invece di usare meno combustibili fossili, ne abbiamo consumati di più, ma, al posto di una catastrofe, abbiamo generato incredibili miglioramenti in ogni aspetto della nostra vita. Le statistiche dimostrano che in tutti i paesi in cui è aumentato il consumo di petrolio e combustibili fossili è migliorata nella stessa misura la situazione in termini di reddito pro-capite, aspettativa di vita e qualità dell’ambiente.

Gli ambientalisti erano convinti che il futuro sarebbe stato delle energie “rinnovabili”, e infatti negli ultimi trent’anni i governi, soprattutto in paesi europei come Germania, Spagna e Italia, hanno fatto di tutto per promuoverle e hanno speso miliardi su miliardi dei contribuenti per sussidiarle, facendo schizzare alle stelle le bollette energetiche delle famiglie. Malgrado tutto questo, oggi il fotovoltaico e l’eolico rappresentano una porzione minuscola del consumo mondiale di energia, solo l’1%, e persino quell’uso è fuorviante, perché il sole e il vento sono fonti intermittenti che generano energia solo se il splende il sole o soffia il vento, e non sono quindi autosufficienti: hanno bisogno di essere sempre affiancate da un’altra fonte energetica più affidabile.

Perché il petroliere è una delle figure più indispensabili della nostra civiltà? Perché l’intera società moderna si basa sul consumo del petrolio. Ben l’87% dell’energia che l’umanità consuma ogni giorno deriva da un combustibile fossile: petrolio, carbone o gas naturale, anch’essi osteggiati dagli ambientalisti. Il petrolio è necessario non solo per il carburante che alimenta le nostre macchine, ma anche per la produzione di un’infinità di altri beni fatti di plastica o di materiale sintetico: il 90% degli oggetti che abbiamo intorno vengono probabilmente dal petrolio.

Ma il settore in cui l’energia del petrolio fa veramente la differenza tra la vita e la morte è l’agricoltura. I combustibili fossili hanno sfamato e continuano a sfamare il mondo, senza che tale immenso merito dei petrolieri venisse loro riconosciuto, ma ricevendo anzi in cambio insulti e minacce. L’energia ricavata dal petrolio permette di alimentare le macchine agricole e di irrigare i campi, oltre a produrre i fertilizzanti. Mettere al bando il petrolio e il carbone, sotto questo aspetto, significa letteralmente far morire la gente di fame. Se dessimo ascolto agli ambientalisti, miliardi di persone nel mondo sarebbero condannate alla morte prematura per mancanza di cibo.

  1. La gloriosa industria petrolifera americana

Ma veniamo al nostro eroe, il petroliere texano. Gli americani sono sempre stati i leader mondiali dell’industria petrolifera, fin dal quando venne scavato il primo pozzo nel 1859 a Titusville, in Pennsylvania. La grande maggioranza di pozzi petroliferi nel mondo si trova negli Stati Uniti, e le aziende che esplorano e perforano i pozzi in giro per il mondo sono quasi tutte americane. Vi sono delle ragioni ben precise dietro questa superiorità americana. Gli Stati Uniti sono uno dei pochi paesi al mondo in cui i privati sono pieni proprietari di tutte le ricchezze che trovano nel sottosuolo. Migliaia di uomini hanno potuto partecipare liberamente all’esplorazione, alla ricerca e agli esperimenti di raffinazione. La storia dei cercatori di petrolio americani è la storia, avvincente e gloriosa, di migliaia di personalità audaci e visionarie che spesso misero in gioco tutti i loro risparmi perché convinti di aver trovato il petrolio in un certo posto.

Negli altri paesi invece padrone del sottosuolo è il governo, il quale o esplora per suo conto o ne concede il diritto a un numero relativamente piccolo di società. Questa regola ha un’origine feudale, e si ritrova già in un decreto di Federico Barbarossa, nel quale si dichiara che tutti i minerali preziosi che si trovano sottoterra appartengono al sovrano del Regno. Anche nell’attuale ordinamento italiano il petrolio e il gas non appartengono ai proprietari dei terreni sotto cui vi sono i giacimenti, ma al patrimonio indisponibile dello Stato (art. 826 del Codice Civile). Quindi cosa succede se trovo petrolio nel mio terreno? Non posso tenermelo, perché ciò che trovo è del demanio statale. Al massimo posso chiedere allo Stato un permesso per estrarlo. Se anche in America ci fosse stato questo sistema e il petrolio fosse appartenuto allo Stato, l’industria petrolifera non si sarebbe mai sviluppata in maniera così prodigiosa, e ben poco greggio sarebbe stato estratto e raffinato

  1. Perché gli ambientalisti odiano l’umanità?

Se miliardi di esseri umani dipendono per la loro sopravvivenza dal petrolio e dagli altri combustibili fossili, perché gli ambientalisti li vogliono mettere al bando? Qualcuno potrebbe dire: per stupidità o ignoranza. Ma la vera ragione è che hanno una scala di valori diversa dalla nostra, in cui il loro valore supremo non è la vita umana, ma la natura incontaminata. Se anche i combustibili fossili non generassero alcun materiale di scarto, compresa la CO2, se fossero persino più economici, se durassero praticamente in eterno, se non ci fossero preoccupazioni per l’esaurimento delle risorse, il movimento ambientalista continuerebbe comunque ad opporvisi. Lo dimostra il panico con cui negli anni Ottanta alcuni leader ambientalisti accolsero la notizia, poi risultata infondata, secondo cui la fusione nucleare era prossima all’attuazione su scala commerciale. Sarebbe stata la fonte di energia più economica, abbondante e pulita mai creata, eppure Jeremy Rifkin, Paul Ehrlich, Amory Lovins e altri ambientalisti dichiararono che erano preoccupati per quello che l’umanità poteva fare con tutta quell’energia a disposizione. Gli ambientalisti non vogliono un’umanità troppo prospera e numerosa: questo anzi è per loro un problema.

Ma perché gli ambientalisti ci vogliono poveri, o ancora meglio estinti? Qual è la molla psicologica che li spinge? La mia spiegazione è questa: perché tutta la storia degli ultimi secoli rappresenta una confutazione evidente delle loro convinzioni. L’umanità fa sempre il contrario di quello che loro affermano. Tenete conto che quasi tutti gli ambientalisti radicali sono marxisti che si sono riciclati da rossi a verdi dopo la fine ingloriosa dei regimi comunisti. Tutta la loro vita è stata una continua delusione.

Dicevano che la rivoluzione industriale e il capitalismo avrebbero impoverito progressivamente le masse, e invece è ha generato quello che l’economista americana Deirdre McCloskey ha chiamato Grande Arricchimento: un aumento della ricchezza globale del 13.000% dal 1820 a oggi, dopo che per decine di millenni l’umanità aveva sempre vissuto in condizioni di mera sussistenza; dicevano loro “andavano nel senso della storia” e che il comunismo avrebbe rappresentato il futuro inevitabile della storia umana, invece hanno perso ignominiosamente la Guerra fredda; avevano predetto che il socialismo avrebbe risolto i problemi ambientali generati dal capitalismo, e invece i regimi comunisti hanno provocato delle catastrofi ambientali enormemente peggiori che i paesi occidentali; all’inizio del XXI secolo (vi ricordate quanto chiasso che hanno fatto i no global?) affermavano anche in maniera violenta che la globalizzazione, cioè l’estensione del libero commercio su scala globale, avrebbe portato fame nei paesi più poveri e distruzione ambientale, invece è accaduto esattamente l’opposto: miliardi di persone, soprattutto in Cina e in India, sono passate dalla miseria più assoluta in cui la condannava il socialismo al benessere, e l’aspettativa di vita è cresciuta ovunque nel mondo; da 50 anni profetizzano apocalissi ambientali causate dal sistema industriale capitalistico, e nemmeno una delle loro profezie di sventura si è mai verificata.

Stravincono sempre sul piano politico e propagandistico, ma perdono sempre sul piano dei fatti. Conquistano tutto il mondo dei media e della cultura, si impadroniscono di tutte le università, le scuole e i giornali, occupano tutti i posti nelle burocrazie statali, guidano i governi, l’Unione Europa e l’ONU, eppure, malgrado tutto questo loro immenso potere, le cose nella realtà vanno sempre al contrario di come vorrebbero: il capitalismo ha un enorme successo malgrado tutta la propaganda contraria che gli è stata rovesciata addosso negli ultimi secoli; il socialismo fallisce continuamente e miseramente malgrado tutta la propaganda a suo favore che riceve. La realtà non guarda in faccia all’ideologia. Mettetevi quindi un attimo nei loro panni: non vi sentireste anche voi incredibilmente frustrati? Non odiereste l’umanità tutta intera? Ecco, io credo che la cultura politica anti-umanista degli ambientalisti non sia altro che la razionalizzazione di tutto questo rancore accumulato verso l’umanità, e in particolare verso l’Occidente, per i continui smacchi subiti. È per questo che vorrebbero farci sparire dalla faccia della terra.

*Intervento al Festival della Cultura della Libertà di Piacenza, 28 gennaio 2024

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1 COMMENT

  1. Sì, però il classico petroliere texano “botta-di-culo”, tipo James Dean ne “Il Gigante”, è roba da film. Non che non ne esistessero, anzi ve ne furono a pacchi, ma erano tutti ex vaccari che si improvvisavano “petrolieri” senza le dovute competenze. Fu quindi facile per un volpone come Mr.Rockfeller acquisire tutte le loro terre e/o concessioni e diventare in breve tempo il quasi monopolista assoluto del paese.

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