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Una difesa malriuscita della “Bidenomics”

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di MATTEO CORSINI

Gli economisti americani con chiare simpatie democratiche faticano ad accettare il fatto che i loro concittadini non siano ampiamente entusiasti dei risultati della cosiddetta Bidenomics. Il caposcuola è indubbiamente Paul Krugman, che generalmente si esercita con il cherry picking sui dati, accompagnato da accuse di mancata obiettività a coloro che, per l’appunto, non ritengono che tutto vada a gonfie vele.
Questi signori mi fanno venire in mente quei comunisti che, di fronte ai fallimenti (non solo economici) dei presunti paradisi del socialismo reale, reagivano dicendo che non si trattava di vero comunismo. Da ultimo mi sono imbattuto in una difesa a spada tratta della Bidenomics da parte di Claudia Sahm, economista con un passato alla Federal Reserve, che ritiene che i rappresentanti dell’amministrazione Biden, a partire dalla segretaria al Tesoro Janet Yellen, “vendano” male e in modo troppo parziale i risultati raggiunti.
A suo parere,la Bidenomics merita maggior credito per averci fatto uscire dalla pandemia in un contesto migliore e con una prospettiva di maggior progresso. E’ tempo di lottare per essa.”
Il fatto che molti americani si sentano impoveriti dall’inflazione sembra essere un’illusione ottica, perché “il valore delle buste paga è aumentato del 22% da quando Biden è entrato in carica nel gennaio 2021, eccedendo l’incremento dei prezzi di quasi 5 punti percentuali“.
Peccato, e lei stessa lo deve ammettere, che il dato sia macro, quindi includa l’effetto dell’aumento delle persone occupate. Che probabilmente lei attribuisce ai provvedimenti della Bidenomics, ma va ricordato che la disoccupazione era fortemente aumentata in occasione della pandemia e quindi un effetto di recupero si sarebbe verificato in ogni caso.
Come che sia,più denaro significa che più americani riescono a soddisfare i propri bisogni, come dimostra la forza della spesa dei consumatori.”
Sarà, ma vista in quest’ottica è evidente che se i prezzi aumentano, la quantità di denaro spesa per consumi potrebbe aumentare anche a fronte di volumi in calo. E se ci sono molti americani che si sentono impoveriti, ho il sospetto che sperimentino qualcosa del genere.
La Bidenomics, comunque, secondo Sahm ha favorito la creazione di posti di lavoro, migliorato le infrastrutture e posto le basi per la transizione green. Avrebbe anche abbattuto l’inflazione, contrariamente a quanto pensano i suoi concittadini. A riprova del fatto cita il prezzo della benzina, diminuito del 35% da metà 2022. Non credo che sia il miglior esempio possibile per attribuire a Biden dei meriti, dato che le dinamiche dei prezzi dell’energia non dipendono se non in parte de quanto fa un singolo governo. Per di più, il prezzo al gallone è comunque ancora più alto, oggi, rispetto a inizio 2021.
Per la precisione, il 20 gennaio 2021 il prezzo medio al gallone era di 2,68 dollari, mentre il 20 febbraio 2024 era 3,79 dollari, ossia il 41% in più. Venendo al prezzo delle abitazioni, Sahm ammette che nel 2019 il prezzo medio di una casa era circa 4 volte il reddito annuo medio di una famiglia. Quel rapporto è salito a 4,6. Ma non c’è problema, perché “l’Inflation Reduction Act fornisce sussidi per costruire case economiche“.
Ovviamente a forza di sussidiare questo e quello il debito federale aumenta e “la Bidenomics è spesso accusata di contribuirvi in modo decisivo. Ma il debito in rapporto al Pil è diminuito di 4 punti percentuali durante l’amministrazione Biden. Il grande aumento del rapporto tra debito e Pil è avvenuto durante la pandemia prima che BIden entrasse in carica“. Il che è vero, ma altrove il debito in rapporto al Pil è diminuito maggiormente e, soprattutto, non presenta una tendenza pressoché incontrollata alla crescita (lo sostiene il Congressional Budget Office; anche loro sono antibideniani?).
In definitiva, se Biden e Yellen dovessero usare gli argomenti suggeriti da Sahm, dubito che gli americani cambierebbero opinione sulla Bidenomics.

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