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Le virtù incomprese dei conti pubblici italiani

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di MATTEO CORSINI

Da tempo Marco Fortis va sostenendo che l’economia e le finanze pubbliche italiane siano meglio di quello che appaiono, soprattutto in confronto a quelle degli altri principali Paesi europei. Quindi il maggior rendimento richiesto dagli investitori per prestare denaro alla Repubblica italiana sarebbe eccessivo. Così come ingiustificato il minor rating attribuito al debito pubblico nazionale.
L’idea di fondo è, di volta in volta, che il Pil pro capite abbia avuto una dinamica non troppo dissimile da quella degli altri Paesi, oppure che la ripresa post pandemia sia stata migliore, oppure che il debito pubblico sia aumentato meno negli ultimi anni, soprattutto al netto della componente interessi. Scrive Fortis:
  • Secondo l’Eurostat, il debito pubblico italiano è cresciuto molto meno di quello dell’Eurozona (esclusa Italia) dal 2020 al 2023 rispetto ai livelli antecedenti alla pandemia del 2019. Infatti, l’incremento complessivo del valore del nostro debito è stato del 18,8% (+452 miliardi) rispetto a quello del resto dell’Eurozona, pari a +27,8% (+2.146 miliardi). Se poi escludiamo la spesa per interessi, l’aumento del nostro debito nel quadriennio 2020-2023 è risultato grosso modo addirittura di 1/3 inferiore a quello dell’Eurozona esclusa l’Italia: +7,1% contro +20,7%. Questi dati dimostrano una volta di più quanto sia irrealistico che l’Italia paghi un interesse implicito sul proprio debito considerevolmente più alto di Paesi che hanno debiti generati prevalentemente da disavanzi primari (cosa che accadeva già anche prima della pandemia) e che stanno mostrando una tenuta delle loro finanze pubbliche sempre più problematica“.
Segue un confronto con la Francia.
  • La Francia ha oggi un debito pubblico di 238 miliardi di euro più alto di quello dell’Italia e dal 2020 al 2023 il suo debito esclusi gli interessi è cresciuto di 552 miliardi rispetto ai soli 170 miliardi in più dell’Italia. Tuttavia, nello stesso periodo l’Italia è stato il Paese dell’Eurozona che ha pagato più interessi di tutti, cioè 282 miliardi in 4 anni, 119 miliardi in più rispetto alla Francia. Al netto della spesa per interessi, negli ultimi quattro anni il debito pubblico italiano è aumentato, come detto, del 7,1% (+170 miliardi), cioè molto meno di quelli degli altri 4 maggiori Paesi dell’Eurozona: Francia +23,1% (+552 miliardi), Germania +21,6% (+447 miliardi), Spagna +18,9% (+231 miliardi), Paesi Bassi +16,2% (+64 miliardi). Viceversa, nello stesso periodo il contributo degli interessi alla crescita del nostro debito pubblico è stato il più alto, pari a +11,7%, rispetto a Spagna (+9,7%), Francia (+6,9%), Paesi Bassi (+5,5%) e Germania (+5,1%). Detto in altre parole, 2/3 dell’incremento del nostro debito nel 2020-2023 è stato generato dagli interessi mentre negli altri 4 maggiori Paesi della moneta unica sono stati i disavanzi primari e gli aggiustamenti stock/flussi a generare tra i 2/3 e i 4/5 dell’aumento complessivo dei debiti“.
Che il deterioramento delle finanze pubbliche francesi sia significativo e anche da prima della pandemia l’ho notato io stesso più volte. Tuttavia ritenendo sottovalutato lo spread dei titoli francesi rispetto a quelli tedeschi, e non sopravvalutato quello italiano. Che, tra l’altro, pur essendo il più elevato a livello di area euro, è comunque da diversi mesi sotto i 150 punti base, segnale che, comunque la si pensi al riguardo, chi opera sul mercato non ritiene che la situazione sia eccessivamente preoccupante.
Ciò detto, non si può far finta che la componente interessi non esista, né che si sia abbattuta sull’Italia in modo ingiustificato. Men che meno si può trascurare che l’aumento del debito italiano nei prossimi anni non sarà modesto, dato che, a parità di altre condizioni, si dispiegheranno gli effetti del superbonus.
Gli avanzi primari italiani, spesso citati a supporto della teoria della buona tenuta dei conti, non sono altro che la conseguenza dell’aver accumulato troppo debito con circa tre decenni di anticipo sugli altri Paesi, con conseguente aumento degli interessi ed effetto palla di neve negativo, ossia una crescita del Pil nominale inferiore al costo del debito.
Per di più, non si può essere certi che, nel caso la spesa per interessi fosse stata inferiore – supponiamo in linea con la media degli altri Paesi dell’eurozona – i governi non avrebbero speso quei soldi in altro modo. Anzi, a giudicare dalle dichiarazioni rilasciate più o meno da parte di tutti i partiti, si potrebbe essere quasi certi del contrario. Basti pensare al più volte citato concetto di “tesoretto” associato alla “flessibilità” negoziata in epoca pre Covid con la Commissione Ue, che in realtà non era altro che una maggiore spesa in deficit.
In definitiva, più che le virtù italiche, andrebbero segnalati i vizi diffusi anche a nord delle Alpi e dall’altra parte dell’Atlantico. L’Italia resta sovrappeso e continua a ingrassare, semplicemente gli altri lo fanno, di recente, a un ritmo superiore. Ma partendo da un peso inferiore.

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