di MATTEO CORSINI
Le recenti elezioni europee hanno segnalato che un crescente numero di elettori non ha condiviso l’approccio alla transizione energetica seguito negli ultimi conque anni, quelli per intenderci del Green Deal e dei Frans Timmermans (vedi qui).
Il che non significa necessariamente che siano tutte persone che non sono preoccupate per l’ambiente o il clima, come invece risulta implicito nelle lamentele degli eco-talebani per l’esito delle elezioni. Una parte di coloro che non condividono l’approccio alla Timmermans vorrebbe semplicemente che non si pensasse al futuro, anche molto lontano, ipotizzando che nel frattempo non ci siano nuove scoperte in grado di affrontare i problemi con strumenti diversi da quelli designati e imposti nella loro unicità dal Green Deal. Altrimenti si ripete l’approccio (fallimentare) del Club di Roma di cinquant’anni fa. Interessante, per esempio, è il libro di Vince Ebert, intitolato “Non è ancora la fine del mondo”.
Per gli eco-talebani, tuttavia, l’esito del voto dovrebbe essere sostanzialmente ignorato, perché quei voti sono stati espressi da persone nella migliore delle ipotesi ignoranti, che devono essere guidate per fare la cosa giusta. Per inciso, da libertario non sono a mia volta contento che persone con il loro voto decidano anche per me, ma, contrariamente agli eco-talebani (e ai socialisti di ogni dove), non vorrei imporre nulla a nessuno, se non il rispetto del principio di non aggressione.
La pattuglia di eco-talebani di Bloomberg ha collettivamente invitato i partiti che hanno avuto la maggioranza la scorsa legislatura europea, e che probabilmente finiranno per avere le redini anche nel prossimo quinquennio, a non diluire il Green Deal, perché questo “causerebbe ancora più radicalizzazione” negli elettori. Anzi, sul clima l’Europa dovrebbe fare di più, nonostante sia già più avanti del resto del mondo.
Ora, prescindendo dal merito dell’approccio eco-talebano, per loro stessa ammissione i costi sono di “migliaia di miliardi di euro”. Dove trovarli? La ricetta è sempre quella: aumetare le carbon tax distribuendo i costi “nel modo più equo possibile”. Il che è abbastanza facile da dire, ma irrealistico.
In ogni caso, ho l’impressione che questi signori non si rendano conto che un altro quinquennio alla Timmermans non sarebbe il modo migliore per convincere gli europei che quello è l’approccio giusto al problema. O probabilmente se ne rendono conto, ma non gliene importa granché.
Buongiorno. Ho letto con interesse il suo articolo. Secondo lei effettivamente esiste un problema ecologico in questo pianeta e per ecologico intendo uno scombussolamento dell’ecosistema, come per esempio la perdita di biodiversità, il consumo eccessivo di suolo e la sua cementificazione, l’inquinamento atmosferico, etc? In caso affermativo, dipende e in quale misura dall’operato umano?
Su questa seconda risposta che spero Lei mi darà, in caso negativo, ovvero nella assenza di questo problema, Le chiedo secondo Lei perché esistono questi da lei definiti “eco-talebani”, ovvero degli estremisti ecologisti?
Grazie mille per la cortese attenzione e buona giornata
Federico
Spettabile Federico, non esiste alcuna emergenza relativamente al climate change. La questione inquinamento è cosa altra, esiste, soprattutto nei paesi socialisti, ed è duèperabile grazie alla tecnologia e all’ingegno. La questione climatica non è altro che una variante del marxismo culturale. Se cerca su questa testata, vi sono diversi articoli in merito.
Con cordialità