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Uno, ad ogni costo. Paradossi e tragedie dei regolamenti accademici italici

Da leggere

di PAOLO L. BERNARDINI

Premetto che poco amo infilare le mani nel pantano delle legislazioni nazionali. Preferisco, come Cristoforo Colombo (secondo il Ministro della Cultura d’Italy), ispirarmi ai massimi sistemi di Galileo, e ipotizzare utopie, forse, il Veneto indipendente, la privatizzazione del mondo, e insomma tutto il vecchio arsenale libertario che ancora, in qualche modo, nel mondo (del pensiero) è vivo.

Purtuttavia essendo accademico da una vita non posso che segnalare un interessante abominio nel sistema di reclutamento universitario italiano. Se guardiamo ai bandi delle posizioni di RTT (i futuri associati, ovvero il futuro dell’università), posizioni dunque centrali per gli anni a venire (e presente) del sapere, e dell’insegnamento, notiamo che, nella maggior parte dei casi (in tutti quelli che ho visto, perlomeno, per documentarmi), non è prevista una soglia di sbarramento, una “sufficienza” insomma, che consenta alla commissione di non nominare un vincitore, qualora nessuno dei candidati abbia raggiunto tale soglia, e ovviamente l’abbia superata, a giudizio sovrano della commissione, che agisce, come dicono le pandette, in “scienza e coscienza”.

Neppure peraltro nei regolamenti emanati da numerosi atenei – ripeto non tutti, la mia è una valutazione sulla base dei casi che ho esaminato – questa soglia è presente, mentre ovviamente è norma nazionale, e generalmente si esprime con il voto 6, 6 su 10 o 60 su 100 se i punti attribuibili sono 100. La norma nazionale dovrebbe prevalere, in generale, ma anche essere incorporata e menzionata nei regolamenti locali.

Ma siamo sicuri che esista ancora qualcosa come una gerarchia delle fonti, in questo sfilacciato paese? Se esistesse, ogni regolamento locale, e dunque ogni bando, dovrebbe inserire la soglia di “idoneità” o “sufficienza” , per garantire l’ovvio. Ma siccome l’ovvio va sempre spiegato, ecco che cosa garantisce una soglia di idoneità o sufficienza:

  • 1. Che in presenza di candidati scarsi, non in assoluto, s’intende (però magari pure in assoluto), ma a giudizio della commissione giudicante, “in scienza e coscienza”, non vi sia alcun vincitore, a tutela ovviamente dell’istituzione, e dei suoi clienti, gli studenti, ma anche in generale a tutela dei cittadini, che, come tax-payers, tale posizione finanziano.
  • 2. Che in presenza di candidati magari non scarsi, ma di discipline non afferenti, di nuovo non vi sia un vincitore. Ovvero, se ad una di queste procedure si presenta un solo candidato, magari la procedura è di Neurochirurgia e si presenta un Chirurgo della Mano, costui o costei non siano i vincitori. A tutela di tutto, magari anche di qualche paziente il cui cervello venga operato da chi conosce solo le mani. O viceversa!

Orbene, il combinato disposto di regolamenti e bandi, che tale soglia di idoneità non contemplano, fa sì che in presenza di un solo candidato, con i requisiti minimi (un dottorato di ricerca…e qualche pubblicazione, o, per i settori medici, una specializzazione generica, e di nuovo le pubblicazioni) vi sia l’obbligo per l’ateneo di assumerlo, e prima ancora per la Commissione giudicante di dichiararlo vincitore. A meno che naturalmente il Dipartimento voti contro, come da bando.

Ma questo ovviamente predispone il vincitore ad un ovvio ricorso alla giustizia amministrativa. Ovvero, facciamo l’esempio del sottoscritto che si presenti per un posto di Analisi Matematica con un dottorato in Storia, e poniamo qualche pubblicazione di storia della matematica. E sia l’unico candidato. Orbene, una Commissione in grado di farlo non mi darebbe l’idoneità. Ma dal momento che l’assenza di riferimento ad una soglia di idoneità obbliga alla proclamazione di vincitore, e dunque all’assunzione, ebbene perché mai non dovrebbero volermi? L’analisi…la imparerò!

Succede naturalmente che Commissioni accorte inseriscano in barba a bandi e regolamenti, ma in nome di una normativa nazionale che rimane fonte primaria di diritto, anche in questo caso (ma temo che non si insegni più la vecchia “gerarchia delle fonti” , forse il termine “gerarchia” suona un po’ fascista, o lo si confonde nel nostro mondo imbestialito col termina “geriatria” e dunque puzza di vecchio…, la “geriatria delle fonti”!) tale soglia di sbarramento, idoneità, o sufficienza che dir si voglia. Nel mio settore disciplinare, che è Storia Moderna, lo ha fatto una commissione presso l’Università di Bologna, in una procedura che al momento non ha dato esiti…Guarda caso… (è la 2648 del 2023, per chi sia interessato, ecco qui tutta la documentazione: vedi qui).

Come concludere. Con tristezza infinita. La situazione legislativa si è modellata sui peggiori pregiudizi riguardo ai concorsi universitari, l’opinione pubblica ha informato il legislatore! Ovvero: che vincano sempre i protetti, i raccomandati, gli “interni” anche se scarsi, amanti, amichette e amichetti, porta-borse e mano- amiche, operosi schiavetti locali, per cui viene bandito il posto, e via così. Non sempre è così. Certe volte, si bandisce una posizione per una necessità oggettiva di ateneo, col principio (sacrosanto, per quanto arduo) “vinca il migliore!”.

Ma il principio “vinca il migliore!” è diverso da quello “ci deve essere per forza un vincitore!”. Lo contraddice pienamente. Il principio di una soglia tutela l’amministrazione, gli studenti, i contribuenti. Ma siamo sicuri che l’amministrazione, in generale, e quando non si tratti di questioni fiscali, voglia essere tutelata? Non ragiono ormai io stesso con principi vecchi e obsoleti?

Lo Stato, ogni Stato del mondo, ha davvero oramai qualche onorabilità da tutelare? Al di là della sua semplice, bestiale, ingorda voglia di sopravvivenza? A spese degli individui. Non ambire a correggere le aberrazioni. Questo, nello sfacelo, è troppo. Ma essere in grado di individuarle. Ebbene, questo è una necessità morale. E… vinca il migliore! E se uno solo si presenta, per forza dev’essere il migliore. Il chirurgo della mano imparerà – magari al prezzo di qualche morto – a operare anche il cervello. Sono piccoli danni collaterali. In nome dell’abominio giuridico.

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