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Xi JinPing, il dirigismo economico non paga!

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di MATTEO CORSINI

La Banca del Popolo cinese (ossia la banca centrale) sta ripetutamente allentando la politica monetaria nel (disperato) tentativo di sorreggere un’economia che da tempo emette segnali di sofferenza, a partire dal mercato immobiliare, che viene da anni e anni di eccessi. Qualcuno probabilmente si illudeva che il partito comunista cinese potesse “manovrare” a piacere l’economia, ma ciò non è possibile nel lungo termine e, soprattutto, non è mai privo di conseguenze inintenzonali.

In altri termini, i nodi arrivano sempre al pettine, prima o poi. Adesso appaiono patetici gli appelli a stringersi intorno al partito comunista e al suo capo, Xi Jinping, “per raggiungere l’obiettivo del secondo centenario e promuovere in modo globale il grande ringiovanimento della nazione cinese” (che peraltro sta invecchiando, a causa dei decenni di politica del figlio unico).

Il barattolo potrà essere ancora affannosamente calciato in avanti, ma il muro (o il precipizio, se preferite) appare sempre più in avvicinamento, e a quel punto non ci sarà provvedimento monetario che regga. Certamente non sarà possibile evitare per una porzione più o meno consistente di cinesi i dolori di un aggiustamento che da tempo viene rinviato nel tentativo di renderlo innocuo.

La svolta impostata da Xi Jinping, che ha dato un giro di vite dirigista rispetto ai predecessori, sta portando i tipici frutti avvelenati di ogni incremento del tasso di socialismo. Non c’è da stupirsi, in fin dei conti.

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