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La negazione dell’autonomia e le prospettive per l’indipendenza. Sul futuro del Veneto

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di PAOLO L. BERNARDINI

Molti ritengono che la legge sull’autonomia differenziata depotenzierà, sul breve e medio termine, la spinta indipendentistica. Un pochino – molto poco – si è strappato dal referendum, ricordiamolo, del 22 ottobre 2017. “Chi si accontenta, gode!”, anche se non si capisce di cosa goda, visto che a guardarla bene l’autonomia prevede un allentamento del laccio centralistico revocabile quasi in ogni situazione.

Ma non è così. Gli accaniti difensori del centralismo assoluto, coloro che condannano alla miseria da secoli le regioni del Sud, in un gioco perverso di re-distribuzione della ricchezza nazionale che sembra invece favorirle, con un patto con camorre, mafie, sacre corone unite n’dranghete e chi più ne ha più ne metta, hanno lanciato lo strumento referendario. Già centinaia di migliaia le firme. “L’Italia resti una, e indivisibile”, mentre il reddito della Calabria è quello della Lombardia, diviso per tre.

Se il topolino dell’autonomia partorito grazie agli sforzi in buona fede e protratti per mezzo secolo di una forza politica al governo sarà affossato, ci si renderà ben conto che l’unico modo per poter prevalere, e rendere dignitosa l’umana esistenza di chi in Veneto (ma non solo in Veneto, ma soprattutto alla fine nel Meridione) vive, sarà quello di riprendere la titanica lotta per l’indipendenza.

Quindi le condizioni sembrano favorevoli per un ritorno alla lotta indipendentistica. Ci sono le forze in grado di farlo? Questa è una domanda diversa. Cui al momento non posso rispondere. Non occorre misurarsi con Scozia, o Catalogna, occorre finalmente misurarsi con se stessi. Inutile fare confronti, a questo punto. Le questioni vive dell’indipendentismo da inizio millennio, dal residuo fiscale all’opprimente e cieca burocrazia centralistica, ancor vi sono. E il fuoco cova sempre sotto la cenere.

Molto probabilmente l’autonomia differenziata verrà soppressa sul nascere. Ovviamente, è possibile anche il contrario. Se però il referendum abrogativo porterà alla fine della speranza di autonomia, allora sarebbe necessario che la Lega riprenda la questione dell’indipendenza, se non lo faranno altri movimenti. Così non va.

Da notare che secondo alcune classifiche due Paesi hanno superato l’Italia nel PIL nazionale, di recente. Non a caso, sono due federazioni, il Canada e la Russia. Il divario tra Nord e Sud cresce sempre di più, e all’indipendenza alla fine dovrebbero essere più interessate le regioni meridionali, per uscire da quella sudditanza che le umilia dal 1861, favorendo élites locali non sempre cristalline. Per dir così.

Il fallimento dell’autonomia differenziata potrebbe aprire all’indipendenza assoluta. O quantomeno alla ripresa in grande scala della battaglia in tal senso. Con eventualmente, cose sostengo da tempo, una federazione ex-post, o qualche altra forma confederale che ingegneri politici attenti ai tempi potrebbero ben divinare, o, se non ne sono in grado, affidare tale disegno all’Intelligenza Artificiale.

Occorre che i movimenti partiti gruppi indipendentistici si tengano pronti.

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