di MATTEO CORSINI
Non da oggi, chi sta pro tempore all’opposizione si lamenta del fatto che l’iniziativa legislativa sia ormai totalmente esercitata dal governo, mentre deputati e senatori ormai si limitano a dibattere (sempre peggio) e votare i testi presentati dall’esecutivo. Poi uno legge un elenco, riportato dal Sole 24 Ore, delle iniziative di parlamentari di tutti i partiti in merito alla (da essi ritenuta) necessità di disciplinare nuove professioni e si convince, se ancora ce ne fosse bisogno, che le lamentele di cui sopra siano fuori luogo.
I leghisti sono particolarmente prolifici. Giorgio Latini vorrebbe il “riconoscimento della qualifica di formatore artistico nel settore teatrale e cinematografico”. Come se il problema del teatro fosse l’assenza della codifica di questa figura professionale. La sua collega di partito Simona Liozzo vorrebbe invece disciplinare la professione di grafologo, con tanto di albo e ordine professionale. Mentre Eugenio Zoffili vorrebbe una disciplina ad hoc per “tatuatori e piercer”. E che dire della proposta di Giorgia Andreuzza per introdurre la “guida professionale di pesca”?
Carmen Letizia Giorgianni di FdI vorrebbe introdurre il “manager delle utenze, che possa rispondere alle necessità di famiglie e imprese, sempre più colpite dalle politiche commerciali di vendita aggressive e dall’instabilità dei costi delle materie prime”. Non che all’opposizione stiano con le mani in mano: il democratico Marco Furfaro vorrebbe introdurre e disciplinare “l’operatore per l’emotività, l’affettività e la sessualità delle persone con disabilità”, tanto per fare un esempio.
Che dire: siete davvero sicuri che sia una male che queste proposte riempiano cassetti e basta?
L’articolo suggerisce un paio di riflessioni.
Nel particolare sottolinea la tendenza di ogni politico a ingabbiare ogni attività libera; con ciò compromettendone l’essenza. Questione che avevo introdotto in “Professioni libere? Un problema trascurato!” cortesemente pubblicato da miglioverde a fine maggio.
Ma più in generale è lo stesso concetto “Serve una legge” a dimostrarsi critico. Una legge che non sia indispensabile è comunque problematica, imponendo una volontà che soltanto qualcuno, pochi o tanti che siano, sostiene che “serva”. D’altra parte legiferare qualcosa di indispensabile è probabilmente superfluo in quanto voluto in pratica da chiunque.
Non soltanto quelle idiote qui tratteggiate, ma qualunque invocazione di nuove leggi che si aggiungano alle esistenti, invece di abrogarle, è da guardare per lo meno con sospetto.
ESattamente!