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Le agevolazioni al Cinema vanno azzerate, non selezionate

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di MATTEO CORSINI

Uno dei tratti salienti di ogni governo in Paesi a economia mista caratterizzati da interventismo è la concessione di agevolazioni a questo o quel settore o attività. Tra questi, inevitabilmente, il tax credit per la produzione di film e serie televisive. Quando al governo ci sono partiti di sinistra, il provvedimento è inquadrabile nella volontà di dare sostegno a un comparto politicamente amico. Quindi se al governo non c’è la sinistra, uno si aspetterebbe non già una cosiddetta “riforma”, bensì una abolizione di tale misura. A maggior ragione considerando lo stato pietoso delle finanze pubbliche. Nulla di tutto questo, ovviamente.

Come è pressoché inevitabile, ogni forma di sostegno finisce per raggiungere produzioni che non avrebbero ragione di esistere in un contesto di domanda e offerta non drogate. E in effetti lo stesso Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema (che appoggia la riforma, ma ovviamente non sarebbe d’accordo con me per abolire del tutto il tax credit), sostiene che occorre “una maggiore selezione nei film”, anche alla luce di un aumento del 40% dei costi di produzione.

Secondo Del Brocco, “il punto su cui riflettere non è se produciamo troppo, ma cosa produciamo, quanti di questi film siano realmente «professionali», qual è la capacità di questi film di interessare il pubblico. Nel 2023, se escludiamo i film evento e i documentari, ci sono stati 145 film italiani usciti in meno di 50 sale e solo 70 usciti in più di 50 sale. Si potrebbe pensare ad un aspetto legato più ai benefici ottenibili con un’uscita in sala che ad una reale strategia sul theatrical. Un dato peggiorativo rispetto al periodo prepandemico.”

Tutti i problemi a cui si riferisce Del Brocco sono una diretta conseguenza degli incentivi governativi. E’ inevitabile che finiscano per beneficiare di agevolazioni delle produzioni che non avranno una reale domanda da parte del pubblico. Ma non si tratta di avere decisori con la sfera di cristallo per attribuire le risorse, anche perché se il prodotto avrà un riscontro di pubblico l’incentivo potrebbe rivelarsi ex post non necessario, mentre se il prodotto sarà visto da quattro gatti, sarà comunque in perdita nonostante l’incentivo.

Incentivo che, in ogni caso, è come se imponesse a un certo numero di pagatori di tasse di andare a vedere quel film. Cosa che non dovrebbe essere indigesta solo a chi ha a cuore il principio di non aggressione. Suppongo che sarebbero in molti a storcere il naso se venisse offerto un incentivo a un ristoratore prima dell’offerta al pubblico di un nuovo menu o dell’apertura di un nuovo locale. Eppure la logica sottostante sarebbe la stessa.

Giustamente il ristoratore si assume il rischio imprenditoriale nel decidere di proporre nuovi piatti ai suoi clienti, che decreteranno il successo o meno della sua iniziativa. Perché non dovrebbe valere lo stesso per un film?

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2 COMMENTS

  1. E dopo le dimissioni, Sangiuliano, da cui dipendevano le elargizioni, magari canticchia pure “Avanti il prossimo, gli lascio il posto mio… Povero diavolo, che pena mi fa…”

  2. Magari i nani moretti e i pupi avati se la caverebbero lo stesso, ma attori come Roberto Citran (un nome, una garanzia, una sicurezza) come lo sbarcherebbero il lunario senza sussidi al “loro” mediocre cinema?

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