di MATTEO CORSINI
La Federazione Italiana Editori di Giornali (FIEG) ha rivolto un appello ai parlamentari affinché correggano la legge di bilancio, ovviamente chiedendo soldi, altrettanto ovviamente in nome della “effittività dell’art. 21 della Costituzione”, oltre che dell’immancabile pluralismo dell’informazione. Gli editori lo fanno dopo aver rilevato che “nella legge di Bilancio si stanziano a sostegno del cinema e degli spettacoli dal vivo (musica, danza, teatro e circhi) 1 miliardo e 60 milioni di euro per il 2025; gli oneri stimati a carico dello Stato per il Superbonus 110% sono pari a 123 miliardi di euro”.
Inoltre “interventi di sostegno al settore sono stati promossi e finanziati dai precedenti Governi nella scorsa legislatura”. Gli editori, quindi, “esprimono sconcerto per la decisione dei partiti della maggioranza di Governo di abbandonare nella Legge di Bilancio per il 2025 il settore dell’informazione professionale e di qualità”.
Non è una novità leggere questi appelli, che alla fine un effetto lo hanno (almeno 20 milioni pare li abbiano poi raccattati). Tra l’altro gli stessi operatori dello spettacolo periodicamente lamentano la riduzione del sostegno al loro settore. In questi casi vale sempre la definizione di Stato data da Bastiat: “La grande illusione attraverso la quale tutti cercano di vivere alle spalle degli altri”.
In sostanza, il ragionamento della FIEG è sintetizzabile così: per lo spettacolo è stanziato oltre un miliardo, con il Superbonus sono stati messi a carico dei pagatori di tasse 123 miliardi, quindi perché si tira la cinghia con noi?
Ovviamente in nome della Costituzione, che sarebbe, suppongo, il motivo per cui la FIEG ritiene che la loro richiesta sia più meritevole di quella che potrebbero fare, per esempio, idraulici o panettieri partendo dalle stesse premesse. In realtà l’utilità di qualsiasi prodotto o servizio è valutata soggettivamente dai consumatori, i quali, in un mercato libero, determinano il successo o il fallimento di ogni iniziativa imprenditoriale.
Quindi non solo non dovrebbero essere dati soldi dei pagatori di tasse agli editori, ma neppure allo spettacolo e mai avrebbe dovuto esistere il Superbonus.