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L’ecofollia chiamata “ESG” non rende di per sé le aziende più redditizie

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di MATTEO CORSINI

Per anni ci è stato detto che gli investimenti ESG (vedi qui) consentivano di ottenere rendimenti migliori al tempo stesso facendo bene all’ambiente e alla società (qualunque cosa volesse dire, e generalmente era qualcosa di socialisteggiante). Era però spesso sottaciuto che la grande domanda, in eccesso all’offerta, era una delle cause di tali performance. E l’aumento della domanda era a sua volta condizionato dall’evoluzione e stratificazione della legislazione in materia.

Per di più, uno dei cavalli di battaglia dei sostenitori degli investimenti ESG era l’assunto che le aziende più zelanti nel perseguimento di tali obiettivi fossero anche più redditizie delle altre. Ma questa era una correlazione e non era affatto scontato che vi fosse un rapporto causale in tal senso. Infatti, perseguire obiettivi ESG comporta non di rado (soprattutto per la componente ambientale) investimenti cospicui, che solo aziende ben redditizie possono permettersi di sostenere. Quindi non si può escludere che siano in realtà le aziende con i margini più elevati a potersi permettere di perseguire obiettivi ESG e non che l’ESG renda di per sé le aziende più redditizie.

L’ecotalebano che scrive su Bloomberg, Mark Gongloff, continua invece a sostenere che andare verso obiettivi ESG faccia bene al conto economico e che gli investitori, a parte negli Stati Uniti, siano ancora molto caldi sul tema. E se le cose non vanno alla grande, “è un po’ a causa di tassi di interesse elevati”. Oltre, ovviamente, all’imminente ritorno di Trump alla Casa Bianca.

Il fatto è che i tassi di interesse non sono più elevati per gli investimenti ESG rispetto a quelli non ESG. Al contrario, soprattutto per quelli green, la legislazione spinge le banche a concedere finanziamenti a tassi di interesse inferiori. Vero è, però, che tali tassi son oggi più elevati rispetto al lungo periodo in cui sono stati schiacciati verso zero da politiche monetarie ultra-espansive. Ma se il valore attuale netto di un investimento è positivo solo scontando i flussi attesi a un tasso di interesse molto basso (e artificialmente tale), significa che tutta questa convenienza non c’è, in reatà.

Cosa succederà in futuro ovviamente non è prevedibile con certezza, ma se un investimento offre un buon ritorno grazie a un mix di legislazione di favore e tassi di interesse artificialmente bassi, mi sembra quanto meno avventato sostenere con certezza che si tratti del fattore che rende più profittevoli le aziende.

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